In sella ci è salita nel 2012, quando ha dovuto chiudere la sua azienda. E non per schivare i creditori bensì per reinventarsi. Una pedalata dopo l’altra si è inventata un mestiere seguendo una passione.
Altro che “scricciola”, come la chiamano. La statura di Paola Gianotti (nella foto) non si misura in centimetri bensì in chilometri. Quelli che percorre in sella alla sua bici. Tenace avventuriera, ha fatto il giro del mondo su 2 ruote (battendo il record mondiale di circumnavigazione del globo), ha partecipato alla gara più estenuante del Pianeta e, ultima, ha percorso 48 Stati in USA in 48 giorni e con 48 bici, battendo un altro record. Ma soprattutto regalando una bella spinta: i 11540 chilometri in 560 ore erano da “bruciare” per una giusta causa: regalare biciclette a donne dell’Uganda con una campagna fondi raccolta sul suo sito Keepbrave. Dovevano essere 48 (una per ogni Stato), sono diventate 73.
37 anni, laureata in Economia e Commercio, viaggiatrice zaino in spalla e sportiva da sempre, la Gianotti nella sua “prima vita” correva in tacchi e tailleur per vendere consulenze finanziare a Milano. Al primo pit stop, è scesa dalla finanza ed ha abbracciato una società di team building ed eventi sportivi. Ma la crisi bussava alla porta della sua azienda. “A 32 anni, dopo un lavoro a tempo indeterminato e una società chiusa, mi sono trovata a pensare ai fallimenti accumulati fino a quel momento. – ha raccontato la Gianotti – E li è iniziata la rivoluzione: il progetto del giro del mondo, come percorso terapeutico per ricostruire il mio percorso lavorativo e di vita. Per far questo avevo bisogno di un obiettivo grande: battere il record mondiale di circumnavigazione del globo in bicicletta. Volevo darmi una chance, facendo diventare le mie passioni un vero e proprio lavoro. Credo di esserci riuscita”.
Atleta e speaker motivazionale, la Gianotti ha messo nero su bianco le sue imprese nel libro Sognando l’infinito. Come ho fatto il giro del mondo in bicicletta. Arriverà in volata a Rimini lunedì 13 marzo (ore 20.30) al Cinema Settebello. Lo farà “scortata” da Lia Celi – che introduce la serata, completa di buffet offerto dall’Osteria Teatro in Piazza, ingresso 5 euro devoluto in beneficenza – raccontando la sua incredibile storia di sogni e pedali, e per fare qualche chilometro di strada insieme ad un altro appassionato biker riminese: Giovanni Arcangeli, l’architetto che da due anni fa su e giù per l’Italia per raccogliere fondi a favore dell’ospedale di Mutoko, in Zimbabwe, quello dove operano Marilena Pesaresi e Massimo Migani. La missione diocesana. Neanche a dirlo, Arcangeli pedala dalle Alpi (Rifugio Berti) all’Etna (1.920 mt) in un insolito “giro d’Italia”.
La sua pedalata di solidarietà – sensibilizzando le persone incontrate ad ogni tappa sui temi dell’immigrazione e dell’integrazione – ha sviluppato così tanti chilometri e progetti, che “I Ride for Africa” non sarà più una pedalata in solitaria, cambia nome in “Ride For” ampliando il raggio di azione delle iniziative e imbarcando altri ciclisti. Nel prossimo agosto saranno cinque i gruppi di ciclisti pronti a pedalare per aiutare l’Africa “a vederci meglio”. Il quinto gruppo che si aggrega alla “squadra” di Arcangeli, transiterà a Civitanova Marche, città natale del padre di una immunologa che opera proprio presso l’ospedale di Mutoko a fianco dei riminesi. “Ma si può fare e farò ancora tantissimo. – rilancia Arcangeli – Il lavoro vero comincia adesso, informare le persone coinvolte dei progetti in corso a Mutoko. Tenerle aggiornate, renderle partecipi perché mentre la mia pedalata è finita, Massimo si alza e pedala ogni giorno e ogni notte. L’ho visto alzarsi alle due di notte per andare a cercare sacche di sangue per un cesareo, o stare vicino ai parenti quando un bambino stava morendo. Massimo e gli altri volontari sono loro i veri atleti”.
Paolo Guiducci