Home Attualita “Ovunque posi la testa, è casa tua”

“Ovunque posi la testa, è casa tua”

Dal continente africano continua a giungere un carico di storie difficili e anche Rimini porta il suo bagaglio di esperienze diverse. Ne abbiamo scovate due: da un lato c’è Assan, senegalese di 43 anni che non riesce a trovare un suo posto in società, costretto a fare l’abusivo in spiaggia; dall’altro c’è Tongo, suo coetaneo nigeriano molto più integrato. Degli oltre 36mila stranieri della Provincia di Rimini, quella senegalese rappresenta la sesta nazionalità (1.800 persone), mentre i nigeriani non rientrano tra i primi 15 gruppi. In tutto gli africani sono il 20% dei 28.763 stranieri extracomunitari.
“Va male. Non ho un lavoro vero, sono costretto a fare l’ambulante”, racconta Assan. Lui è in Italia da 25 anni. Prima a Roma, dove è arrivato senza documenti. Poi ha cominciato ad errare di città in città, ma il lavoro tardava a venire. Degli amici gli hanno suggerito il Nord (è molto tipico che gli stranieri seguano le suggestioni e i consigli di loro connazionali convincenti). Dal 2000 è a Rimini. “Sono molto triste. Qua è dura persino per gli italiani, infatti ho smesso di cercare lavoro”. La sua rassegnazione è palpabile. Passa il tempo tra Bologna (dove dorme) e Rimini (dove vende in spiaggia). In Riviera studia anche l’italiano. “Mi piacerebbe lavorare in ristoranti o alberghi, ma non l’ho mai fatto”. È tanto scoraggiato quando spiega che sono i figli ad inviargli pochi euro di volta in volta dal Senegal. “Vorrei tornare là, come tutti i senegalesi, ma non c’è niente per me”. La gente è diffidente nei suoi confronti, confessa, però “non mi interessa”. Va dritto per la sua strada con umiltà e un volto che non nega mai un sorriso velato. Cosa ne pensi di chi protesta contro gli ambulanti abusivi al mare?, gli chiedo, “Non ci faccio caso”. Assan vive nella sua bolla di problemi; non tiene più conto degli sguardi della gente. Una vita dedicata a racimolare pochi euro che non riesce a spedire a casa. Per lui tutto si riduce a questo.

Di tutt’altro avviso è Tongo, il cui cognome Bright (luminoso) esprime già più fiducia. Nome dialettale nigeriano, Ossarumwense. “Non sono santo, però parlo con tutti. Mi piace stare qua”, è solare e un fervido credente. È a Rimini da 7 anni. “In Nigeria facevo un lavoro duro: operaio per un’azienda che esportava granito. Il padrone italiano ci trattava come schiavi. Ci picchiava se sbagliavamo, ma ero convinto che il suo modo di fare non rappresentava quello degli italiani”. Lasciata la terra natia è giunto a Santarcangelo dopo una parentesi in Spagna dal fratello, anche lui su consiglio di amici. “Mi hanno detto, a Malaga, che a Rimini la gente era più seria, «lavorano bene, vai lì». C’è un forte scambio di informazione tra nigeriani, ci diamo consigli”. Ora produce piastrelle. Dal lavoro alla strada percepisce ancora una certa diffidenza. “Non sento razzismo, però alcuni hanno paura di me. Io non temo nulla perché so di non aver fatto niente di male”. Dopo il lavoro, il suo percorso di integrazione ha trovato conferma nella scuola del figlio. Il bambino va a casa dei compagni italiani, “ci hanno anche invitato a cena, anche se a noi chiedono solo del nostro paese di origine, delle difficoltà e della guerra… Vorremmo parlare di cose normali, come se fossimo delle persone del posto”.

È ancora difficile sentirsi a casa in Italia. “C’è una canzone nigeriana che dice, ovunque posi la testa per dormire è casa tua. Vorrei che diventasse così, ma sono ancora molto legato al mio paese, chiamo spesso gli amici in Nigeria. È brutto non sentire il posto dove si vive come casa propria. In futuro, vorrei che la mia famiglia faccia ritorno in Africa”. Lo incontro nel pomeriggio, sta andando a casa a dormire qualche ora prima del turno di notte. Il fatto di avere un lavoro lo rende raggiante. Suo figlio di 7 anni si sente più italiano che nigeriano, parla perfettamente la lingua. “L’ho portato due volte in Nigeria ma era spaesato. I suoi amici sono tutti riminesi, i miei quasi tutti nigeriani. La chiesa è il punto di ritrovo che frequento di più”. È ferrato in politica, gli piace Renzi e l’iniziativa degli 80 euro. “Prego per l’Italia e per il cambiamento. Le condizioni per migliorare ci sono tutte. Artigiani, imprese… La gente si sa dar da fare”.

Mirco Paganelli