Nessuna nuova all’orizzonte, ma non è buona nuova. Rimane molto poco incoraggiante per Rimini l’annuale classifica de Il Sole 24 Ore sulla sicurezza nelle province italiane. Secondo i dati del Ministero dell’Interno riferiti al 2012, con 7.562 reati denunciati ogni 100.000 abitanti Rimini si conferma al secondo posto dopo Milano (8.348) e davanti a Bologna (7.180), con un aumento dei reati del 6,48% rispetto al 2011.
Lasciando da parte la necessaria correzione statistica legata alla doppia stagionalità di Rimini (in estate è una metropoli, ma vengono calcolati sempre e solo i residenti), c’è il dato reale dell’aumento percentuale e assoluto dei reati. Del resto respiriamo sulla nostra pelle quel senso di insicurezza che ormai caratterizza anche i nostri momenti più quieti, quando siamo a passeggio o il minimo rumore che ci sveglia nella notte. Le cronache ci aggiornano anche sul cresciuto livello di violenza in città, la comparsa della micro delinquenza in zone ritenute fino a poco fa tranquille, i sistematici furti che toccano interi quartieri…
Che fare? A ciascuno il suo compito. Al Prefetto, agli amministratori e ai politici quello di richiedere con decisione un livello di presenza delle forze dell’ordine adeguato alle esigenze della città, del suo territorio, della sua vocazione turistica. Alle Forze dell’Ordine quello di essere vicini ai cittadini, crescendo nella politica intrapresa di contatto e di vicinanza quotidiana. Occorre però che le segnalazioni si traducano in operatività: il rischio è che il cittadino di fronte all’apparente inutilità del suo intervento chiuda i rubinetti della collaborazione.
Se il mantenimento dell’ordine pubblico è compito delle istituzioni, occorre ribadire che la sicurezza è un bene comune di cui tutti i cittadini, come individui e come collettività, devono sentirsi responsabili.
Come già affermato, la prima forma di civismo è quella che porta un qualsiasi cittadino a segnalare alle Forze dell’Ordine un fatto criminoso o situazioni potenzialmente dannose per la sicurezza della comunità. La seconda è quella di tornare ad “occupare” i luoghi pubblici come comunità. Qualche anno fa la risposta ad un aumento di violenze nel Parco Cervi, con una ragazza sfregiata con l’acido, venne da un migliaio di giovani che per qualche tempo tornarono a fare iniziative in quel verde pubblico. La terza è l’educazione, accompagnando la crescita dei ragazzi, a cominciare dalla preadolescenza.
Ma la vera rivoluzione da compiere è non chiudersi nel proprio particolare, tornando a controllare il territorio con gli occhi, con il cuore e con la creatività. Insieme.
Giovanni Tonelli