Terza e ultima tappa del nostro viaggio alla scoperta dei quattro quesiti referendari. In questo numero ci occuperemo di quello relativo al nucleare per il quale si è dovuto aspettare il via libera della Corte Costituzionale.
Cosa dice
Il quesito, che ricordiamo ha la scheda di color grigio, recita: «Volete voi che sia abrogato il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, limitatamente alle seguenti parti: art. 7, comma 1, lettera d: realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare?».
In sostanza, se l’elettore vuole le centrali nucleari sul territorio italiano voterà “no”, altrimenti voterà “sì” se non vuole che l’Italia torni al nucleare.
Quelli che…
votiamo sì
“Domenica e lunedì avremo l’opportunità di dare al Paese un futuro nuovo – spiegano quelli del Comitato Vota sì per fermare il nucleare – di aprire una nuova stagione energetica. In queste settimane siamo tutti rimasti sconvolti dal dramma degli abitanti del distretto di Fukushima, in Giappone, costretti ad abbandonare chissà per quanti anni le proprie abitazioni. Per i milioni di cittadini di Tokyo che ancora oggi vivono sotto l’incubo degli effetti nefasti della radioattività, per i valorosi che stanno sacrificando la propria vita per tentare di impedire che il disastro assuma dimensioni catastrofiche. È lo stesso copione di Cernobyl, eppure ci troviamo nel Paese più tecnologico del mondo, che comunque non è riuscito a garantire ai propri cittadini la sicurezza dal rischio nucleare. Il motivo è semplice: oggi non esiste tecnologia in grado di farlo. E il nucleare non è pericoloso solo in caso di incidenti, lo è anche nella gestione ordinaria, come dimostra lo studio epidemiologico fatto realizzare dalla Repubblica Federale Tedesca, che ha verificato un’incidenza di leucemie nei bambini sotto i cinque anni che abitano entro i 5 km dalla centrale di 2,2 volte superiore alla media nazionale”.
Ma ciò che è davvero inaccettabile per il Comitato è che il nucleare rappresenta un rischio del tutto inutile.
“Basti pensare che sommando l’energia elettrica prodotta dal fotovoltaico e dall’eolico dal 2009 al 2011 all’energia risparmiata in questi tre anni grazie alla detrazione fiscale del 55% per la riqualificazione energetica degli edifici, si raggiunge la stessa quantità di energia elettrica che sarebbe prodotta da tre centrali nucleari EPR, come quelle che si vorrebbero costruire in Italia. Se non bastasse, il Paese ha oggi una potenza elettrica installata di più di 110.000 megawatt, mentre il picco di consumi prima della crisi, nel 2007, non ha superato i 57.000 megawatt. Tanto che persino il più grande tifoso del nucleare e persecutore delle rinnovabili, il ministro Romani, è stato costretto ad ammettere che per sostituire l’energia elettrica eventualmente prodotta dalle centrali nucleari italiane basterebbe un po’ di pompaggio nelle centrali idroelettriche esistenti per farle lavorare sempre a pieno regime”.
Infine i costi.
“Molte agenzie private e pubbliche (da Moody’s al Dipartimento Energia dell’Amministrazione USA) dichiarano senza ombra di dubbio che nel 2020 il nucleare sarà la fonte energetica più cara in assoluto! La vittoria dei Sì all’abrogazione della legge che fa tornare il nucleare in Italia sarebbe un grande segnale anche per l’Europa ed il mondo sviluppato, che dopo il grave disastro di Fukushima si sta seriamente interrogando sul destino del nucleare. Noi, in Italia, siamo fortunati e avvantaggiati. Perché non abbiamo centrali sul nostro territorio. E sostenere, come alcuni in malafede fanno, che averle oltre confine, di là delle Alpi, non diminuisce il rischio è una grande bufala. Fukushima lo dimostra ancora un volta: gli incidenti nucleari creano il massimo del disastro nel territorio circostante, più si è lontani più si riducono i danni. Allora perché insistere? Una volta tanto vogliamo essere lungimiranti? Mentre nel mondo ci si interroga su come uscire dal nucleare, qualcuno ci vuole obbligare a cascarci dentro. Il referendum del 12 e 13 giugno è una splendida occasione di democrazia, per alzare la voce nell’interesse di tutto il Paese”.
Quelli che…
votiamo no
Naturalmente di parere opposto chi è favorevole al ritorno del nucleare in Italia.
“Visto il continuo aumento della bolletta della corrente elettrica dovuto al rincaro del greggio, non si può non essere favorevoli al nucleare. Solo così potrebbe diminuire il costo dell’energia elettrica per le attività produttive e per le famiglie di quasi il 50 per cento. La produzione di energia da fonte nucleare, secondo noi, propone numerosi vantaggi dal punto di vista anche ambientale rispetto alla produzione da combustibili fossili e offrirebbe un contributo determinante alla lotta al cambiamento climatico, in quanto il nucleare non genera smog”.
Pronta anche la confutazione del pericolo radioattivo.
“Con le tecnologie attuali la gestione delle scorie a bassa e media radioattività viene fatta in piena sicurezza. L’Italia, a nostro avviso, per colpa dei sì, non può restare ferma, pagare l’energia elettrica circa l’80 per cento in più rispetto ad altri Paesi europei”.
Tra i sostenitori del nucleare troviamo personaggi di spicco. Una di queste è l’astrofisica Margherita Hack.
“Sono convinta che ci sia bisogno del nucleare. Ci sono molte paure irrazionali, ma non si può decidere sull’onda dell’emozione. Serve razionalità. È proprio il mio ambientalismo che mi fa dire sì: il nucleare è la fonte che, tutto sommato, inquina meno. Fare un referendum ora significa solo buttare soldi perché è ovvio che con la paura non si può trasformare un Paese in un mondo di scienziati che valutano razionalmente i rischi e i non rischi. In Italia il pericolo grosso del nucleare siamo noi italiani, perchè si ha l’abitudine di pigliare tutte le cose sotto gamba. Si ha tanta paura del nucleare e poi milioni di abitanti vivono intorno alle falde del Vesuvio, che non è morto, è bello vivo, e se sono decenni che non esplode, il giorno che esploderà sarà un vero disastro. La paura dell’atomo è dovuta all’ignoranza, ma l’Italia ha bisogno di questa energia, e anche l’incidente in Giappone aiuterà con nuove precauzioni”.
Francesco Barone