A Rimini un grosso negozio di alimenti biologici ha chiuso e al suo posto da qualche settimana c’è un negozio di fiori. Finché si rimane sul naturale è senz’altro una bella cosa, ma negli stessi giorni un altro fatto mi ha lasciato perplesso: ho visto una persona che conoscevo come salutista convinto pagare una spesa da 150 euro alla cassa di un hard discount (non che quello che si vende nei discount sia per forza nocivo; ci capito anch’io, ma leggendo bene le etichette). Vedendo poi come nei supermercati si svuotino in fretta i cesti dei cibi di prossima scadenza a metà prezzo, mi è venuto il sospetto che la gente sia un po’ meno disposta a spendere qualcosa in più per il cibo di qualità e più disposta invece ad accontentarsi di prodotti a buon mercato. Comprensibile, visti i tempi. Ma sarebbe un peccato se tutte quelle campagne condotte negli anni scorsi per lo slow food, il cibo a chilometro zero e il biologico – quello vero, non quello spacciato per bio solo perché non è stato prodotto in Bulgaria – si disperdessero causa crisi. Creando un paradosso dove mentre in tv le nuove star sono gli chef e nelle librerie spopola il cotto&mangiato, sulle nostre tavole rischia di finire solo quello che è in offerta speciale come da volantino. Con una nuova filosofia del chilometro zero: un hard discount a due passi da casa tanto lo si trova sempre.