Per cominciar bene, richiamo una frase del card. Gianfranco Ravasi (L’Espresso, 31.1) che rimanda a San Paolo nello spiegare come la speranza sia una virtù di lotta. San Paolo anziché il termine corrente della lingua greca, ne usava un altro “che letteralmente significa recare sulle spalle un carico pesante e quindi avere costanza, perseveranza, impegno”. Ravasi a quei politici che non si risparmiano nulla (dalla corruzione allo spreco, passando attraverso l’interesse privato), contrappone il cittadino serio che “sceglie la via della legalità, anche nelle piccole cose, a partire dalla richiesta dello scontrino fiscale, del rispetto delle regole stradali, del comportamento civico e così via”.
Il contorno delle cronache recenti è desolante, spaventoso. Nel mio piccolo, seguendo la lezione di Ravasi che per migliorare occorre “fare”, riprendo alcune notizie da non dimenticare. Ho citato qui il 20 gennaio un saggio di Giovanni Tizian sulla diffusione della malavita pure nella nostra regione. Tre giorni dopo, un’operazione della Guardia di Finanza di Bologna portava al bilancio di 29 arresti e 150 indagati nella ’ndrangheta che gestiva slot machine in Emilia. Tizian due anni fa aveva raccontato in un giornale di Modena dei clan dei videogames. Il procuratore capo di Bologna, Roberto Alfonso, è stato spaventato, come racconta ai cronisti, da una frase intercettata in cui si dice di Tizian: “O la smette o gli sparo in bocca e finita lì”.
Un altro giornalista, Goffredo Buccini, presenta in un volume appena uscito, “L’Italia quaggiù”, le donne calabresi che lottano contro la ’ndrangheta. Alcune sono state eliminate, come Maria Concetta Cacciola e Lea Garofalo, per esser passate dalla parte dello Stato. Lea Garofalo fu sequestrata, torturata ed uccisa dal padre di sua figlia Denise, divenuta poi la principale teste d’accusa nel processo terminato con cinque ergastoli. Il carico pesante che le ha soffocate darà respiro alla loro realtà sociale in cui vissero.
Saliamo al Nord. Sul caso del Monte dei Paschi di Siena, abbiamo letto in Nicola Saldutti (CorSera, 25.1): “Ma una cosa è certa: qualcuno ha, in qualche modo, detto con un termine forse un po’ brutale, spolpato il Monte. E in qualche modo si è arricchito mentre la banca perdeva”. Le cronache più distaccate, lontane dall’inevitabile personalizzazione pre-elettorale, sono più spaventose delle polemiche politiche, perché segnalano colpi bassi e vendette fratricide.
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Antonio Montanari