“Io non ho visitato l’Expo e ne vado fiero. Non perché non amo l’Italia, ma perché non do i miei soldi alle multinazionali che affamano il mondo e a imprenditori che si arricchiscono facendo lavorare gratis i ragazzi”. (formula da condividere su Facebook ad uso dei No Expo).
Io non ho visitato l’Expo, non mi vergogno e neppure vado fiero. È che semplicemente, a forza di rimandare, non ci sono andato. Sarà anche la pigrizia da valigia che giustamente mi si rinfaccia: se devo organizzare un viaggio, almeno che sia una vacanza di qualche giorno. E se a questo si aggiunge una maniacale riluttanza alle file, dalle due persone in su (e mi hanno detto che lassù ce n’era anche qualcuna di più), la mia autoassoluzione sarebbe già a posto. Quando tra 60 anni l’Expo tornerà in Italia giuro che ci vado: a quell’epoca percepirò finalmente la pensione e sarò allenato grazie alle file alle poste.
Alle multinazionali, per completare il discorso, ogni tanto capita pure che qualche euro lo do: ma senza bisogno di andare a Milano, che il fast food ce l’ho vicino a casa. E sul far lavorare gratis i ragazzi, forse qua in Riviera non siamo proprio quelli più adatti a salire sul pulpito. Se avessero dovuto boicottarci per tutti i rapporti lavorativi “disinvolti” nei confronti dei ragazzi che facevano la stagione, di file per venire a Rimini ce ne sarebbero state pochine.