A Faenza nel salone delle feste di Palazzo Milzetti un concerto di musica da camera dedicato alla seconda metà del ’700
FAENZA, 16 settembre 2023 – Ignorato dalle grandi rotte turistiche e neppure troppo noto nella stessa Romagna, Palazzo Milzetti è un magnifico gioiello senza equivalenti in altre città italiane, tanto da essere definito uno dei più begli edifici neoclassici del mondo. La monumentale dimora faentina non ha avuto bisogno di grandi restauri per essere restituita al suo originario splendore e, per fortuna, è stata risparmiata pure dalla recente alluvione, sebbene le antiche cucine siano completamente ipogee.
Nata sulle fondamenta di un’antica struttura secentesca distrutta dal terremoto del 1781, la sua ricostruzione fu commissionata dai proprietari – i conti Milzetti – all’architetto Giuseppe Pistocchi, mentre la decorazione degli interni spettò a Felice Giani. Senza dubbio è quest’ultimo l’aspetto più significativo: il grande pittore neoclassico, dopo tre anni d’intensa attività insieme alla sua bottega, portò a termine nel 1805 quello che forse rappresenta il suo capolavoro. Da qualche anno, il palazzo è divenuto “Museo Nazionale dell’età neoclassica in Romagna”.
Con i suoi numerosi ambienti l’edificio è dunque in grado di fornire una cornice ideale alla musica e, in particolar modo, a quella da camera. Nel salone delle feste – la stanza più sontuosa del palazzo dove gli affreschi celebrano l’eroe Achille – si è dunque tenuto il concerto dell’ArsEmble, nella formazione voce, chitarra francese e clavicembalo.
In programma autori semisconosciuti, tutti vissuti nel periodo a cavallo tra sette e ottocento: in sostanza dei “dilettanti”, ma dotati di una maestria e un’inventiva che non ha nulla da invidiare agli autentici professionisti. Le musiche prescelte appartengono tutte al Fondo Puccetti (così denominato da un nobile marchigiano in possesso di una biblioteca aristocratica con circa un migliaio di titoli) custodito al Conservatorio di Bologna: uno dei rarissimi casi di collezione musicale italiana tramandata integra. Il concerto alternava pagine vocali ad altre solo strumentali, appunto per chitarra francese e cembalo, all’epoca ancora regolarmente utilizzati nelle esecuzioni, seppure avessero già fatto la loro comparsa la chitarra ottocentesca e il fortepiano.
È probabile che in pochi conoscano Pietro Delicati (nato a Loreto nel 1761): si rimane però conquistati dalle sei Canzoncine – definite così forse con eccessiva modestia – e dalle tre Romances affidate alla voce di Asumi Motoyama. Accompagnata dai due strumentisti, il soprano giapponese le ha sapute ben valorizzare grazie al timbro cristallino, alla facilità del registro acuto, all’ottima dizione italiana e francese. Lo stesso vale per le musiche del milanese Antonio Nava e per Costantino Frattesi, di cui si hanno dettagli biografici ancor più scarsi; per tacere del brano Vieni, o Lorenzo che, con i suoi echi mozartiani, resta addirittura anonimo.
Al Fondo Puccetti appartengono però anche pezzi strumentali che vantano paternità illustri. È il caso del Divertimento o sia Capriccio per clavicembalo di Giovanni Paisiello, pagina di gran pregio, suonata da Maria Elena Ceccarelli, insieme a un altro brano – ancora un Divertimento – del pressoché sconosciuto musicista jesino Luigi Romagnoli. Né Paisiello è l’unica figura importante: altrettanto noto è Ferdinando Carulli (trionfò a Parigi come grandissimo virtuoso di chitarra, autore di un metodo sul quale si sono formate intere generazioni di strumentisti), di cui Ettore Marchi ha eseguito l’Ouverture n.1 op.6 con la sua chitarra – un pregevole esemplare d’epoca – dalle corde di budello.
Tasselli di un mosaico che contribuisce a delineare un periodo storico e ricostruire un’affascinante temperie musicale di cui Mozart rappresenta soltanto il vertice massimo.
Giulia Vannoni