Se non fosse per la piccola stanza allestita come sala stampa, nella nuova sede del Rimini, verrebbe da dire… dunque, dove eravamo rimasti? Perché per il resto è cambiato davvero poco. Il sorriso è sempre lo stesso, così come la sua positività. Per non parlare della camicia bianca. Il Leonardo Acori atto terzo inizia in un giovedì di clamoroso caos del calcio italiano. La sentenza del Tar del Lazio ha sconvolto il mondo del pallone creando grossi scompensi a tre campionati: quello di serie B, di serie C e anche di serie D. Per quello che poteva essere e non è stato. Prima di parlare del durissimo attacco del presidente Giorgio Grassi, c’è da salutare il condottiero di Tordandrea.
“Il mio primo pensiero va a Righetti – introduce il presidente – perché come sanno tutti a Luca mi lega un’amicizia ultra decennale. Con lui ho imparato ad amare questo sport, a vivere le prime emozioni, le prime gioie e i primi dolori. Grazie a lui sono arrivato qui, a Rimini. Quando ci siamo visti ho capito che c’era qualcosa che non andava, ho provato a fargli cambiare idea ma è stato irremovibile. A quel punto, dopo essermi ripreso un attimo, abbiamo sondato alcuni nominativi. Il primo era quello di Acori che ha subito accettato con entusiasmo”.
Acori ringrazia per la fiducia e traccia la rotta.
“Non potevo dire di no al Rimini. Quando in un posto stai alla grande, quando sai che la gente ti vuole bene hai una sorta di debito di riconoscenza. Cosa bisogna fare? Dare fiducia, soprattutto ai giovani”.
Poi l’attacco del presidente.
“Questo sistema calcio, in serie C, non può più reggere: bisogna fare come con il Papa. Chiudersi in Conclave e finché non vengono fatte le riforme, non uscire”.