Il nome evoca qualcosa a tutela e salvaguardia dei cittadini: Protezione civile. A Rimini è nata nel 1994, contestualmente alla creazione della nuova Provincia. Ma quale fu l’origine di questa organizzazione di volontariato, come nacque e che cosa fa, oggi, sul territorio?
La scintilla, da principio, fu la grande mobilitazione spontanea di cittadini di ogni età e condizione, unite dalla volontà di soccorrere chi aveva bisogno. Uomini e donne che, in caso di calamità, affluivano nelle zone disastrate in modo indipendente e non coordinato per mettersi a disposizione. Fu quello che accadde, per esempio, in occasione dell’alluvione in Piemonte del 1994, quando molti riminesi, sacco in spalla, decisero autonomamente di partire per “dare una mano”: ciò che mancava, non era la solidarietà, bensì un sistema pubblico organizzato che sapesse impiegarla e valorizzarla. Fu così che nello stesso anno, fu costituito il primo gruppo di Protezione civile del territorio.
Con il tempo, dal primo embrione di organizzazione volontaristica iniziarono a formarsi vari gruppi, tutti impegnati nella tutela dell’integrità della vita dei cittadini, ma ognuna con una propria specializzazione. La realtà riminese è formata da un insieme di associazioni tra di loro legate sul territorio provinciale dal “Coordinamento delle Associazioni di Volontariato di Protezione Civile della Provincia di Rimini”.
“Attualmente fanno parte della Protezione civile 30 diverse associazioni – spiega Luciano Bagli, presidente del Coordinamento – ognuna delle quali ha una sua specificità e le sue attività”, quali, per esempio, i gruppi di cinofili e quelli subacquei, i gruppi di radioamatori, quelli per l’intervento nei rischi di incendi boschivi e per eventi alluvionali. I volontari riminesi iscritti attualmente alla Protezione civile sono 400, di cui circa 300 attivi in modo costante. Ad ogni associazione appartengono membri di qualsiasi età, sesso o professione, dall’operaio al medico, dall’ingegnere allo studente. Ogni cittadino, infatti, può diventare volontario. A Rimini prevalgono decisamente i volontari di sesso maschile in fascia di età 45-60 anni, ma la tendenza si sta invertendo: infatti, sono sempre più numerose le donne e sempre più i giovani. Ogni associazione iscritta al Coordinamento si deve economicamente autogestire, ma può usufruire delle convenzioni annuali che la Provincia accorda al Coordinamento e dei contributi a livello regionale per i servizi sul territorio; mezzi e attrezzature sono in parte messi a disposizione dalla Regione, in parte di proprietà del Coordinamento.
Oggi la Protezione civile riminese non si occupa soltanto delle emergenze, ma svolge anche attività di previsione e prevenzione ed è attiva sul territorio in appoggio alle Forze dell’Ordine in occasione di grandi eventi, come per esempio, la “Notte Rosa” o il “Moto Gp” di Misano Adriatico.
La triste parabola che nelle ultime settimane ha colpito i suoi vertici a livello nazionale, nulla ha a che vedere con il sistema di volontariato che opera sul territorio.
“La Protezione civile è un mondo fatto di volontari, persone disinteressate, mosse dalla solidarietà e prive di ogni interesse economico – sottolinea Emilio Bracconi che 10 anni fa ha portato il Masci all’interno delle associazioni di volontariato – senza il cui apporto sarebbe tutto solo un guscio vuoto”.
I volontari tornano a scuola
Ma cosa fanno concretamente i volontari? Viaggiano per le esercitazioni e per gli interventi, allestiscono i campi di emergenza ed imparano la logistica e la sussistenza. Infatti, tutti i volontari della Protezione civile vengono formati con diversi corsi generali, come quello di “Cucina in situazioni di emergenza” o di “Psicologia in emergenza”, utili in disastri come quello avvenuto lo scorso aprile. Subito dopo il terremoto dell’Aquila, la Protezione civile riminese si è impegnata per portare soccorso alla popolazione abruzzese.
Il gemellaggio con Villa S.Angelo
In particolare è stato sancito una sorta di “gemellaggio” tra la Protezione civile riminese e Villa S. Angelo, un paesino di 450 abitanti in provincia dell’Aquila. In questo piccolo borgo il terremoto ha provocato 17 morti, una cinquantina di feriti e il 90% degli edifici è crollato.
“Il 6 aprile 2009, alle 18, quindi circa quindici ore dopo il sisma – ricorda Luciano Bagli – in 35 volontari riminesi siamo partiti per Villa Sant’Angelo con una cucina da campo e un tendone da 450 posti. Siamo stati i primi ad arrivare, alle 3 del mattino del 7 aprile e alle 19.30 abbiamo servito il primo pasto caldo ai terremotati”.
Da quel 7 aprile, la Protezione civile riminese ha continuato la gestione del campo di Villa S. Angelo fino alla fine di ottobre: 6 mesi in cui si sono avvicendati un totale di 270 volontari. Tra questi, Margherita Bernucci ha svolto un’opera davvero particolare. Infatti, insieme ad un’equipe di psicologi, si è impegnata nelle tendopoli con la dog therapy d’emergenza. “L’attività consisteva nell’attuare sui terremotati una terapia con i cani, privilegiando alcune fasce d’età: bambini, anziani e portatori di handicap – spiega Margherita – particolarmente faticoso è stato il lavoro al campo dell’Aquila, dove al dramma del terremoto si associava un problema di origine razziale: infatti, nella realtà delle tendopoli si riproduceva la varietà etnica tipica della società moderna, ma senza controllo. I ragazzi si associavano tra loro, creando delle vere e proprie bande. Con l’aiuto dei cani siamo riusciti ad appassionarli, ad occupare il loro tempo in modo comunitario, creando una socializzazione”.
Insomma mille modi di aiutare, e tutti si chiamano Protezione civile.
Genny Bronzetti