Questa iniziativa può essere anche valida ma non deve andare a minareun iter già strutturato e collaudato, regolato da due leggi e con percorsi ben definiti. Laddove vengano accertati abusi questi vanno assolutamente perseguiti, da qualsiasi parte vengano, ma ciò che serve è potenziare l’istituto dell’affidamento.
In un’intervista al Sir
Giovanni Paolo Ramonda, responsabile dell’ Associazione comunità Papa Giovanni XXIII (Apg23) commenta in questi termini l’annuncio del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede di voler istituire presso il dicastero, a seguito della vicenda degli affidi in Val d’Enza, in provincia di Reggio Emilia, sulla quale sta indagando la magistratura, una “ squadra speciale di giustizia per la protezione dei bambini” per “ fare in modo che il sistema giustizia possa avere il monitoraggio costante e serratissimo di tutto il percorso dei bambini affidati”.
L’Apg23 fin dalle origini si occupa di affido, sia con case famiglia (oggi 250 in tutto il mondo) – la primaaperta a Coriano, Rimini, nel 1973 per volere del fondatore don Oreste Benzi – sia con una rete di famiglie affidatarie che accolgono soprattutto bambini con gravi problematiche comportamentali o con grandi disabilità. “ In Italia – prosegue il responsabile – ci si occupa di affidamento da decenni; si tratta di un’esperienza collaudata e consolidata ed è incontestabile la validità di questo istituto che ha lo scopo di sostenere famiglie di origine in difficoltà ed eventualmente, in caso di bisogno, di collocarne temporaneamente i figli minori in altri nuclei familiari o in case famiglia”.
Per Ramonda il sistema attuale “ è consolidato e caratterizzato da una buona capacità di lavorare fra tribunali dei minori, servizi sociali, associazioni e famiglie”.
Il responsabile di Apg23 non nasconde poi che “ qua e là si possano riscontrare incapacità o mancanze. Certamente – dice – tutto può essere migliorato ma in generale mi sembra che tutti i soggetti coinvolti normalmente lavorano bene”.
Di qui l’auspicio che la misura annunciata dal ministro Bonafede non incrini in qualche modo un meccanismo che funziona.
“Sulla vicenda di Bibbiano va fatta chiarezza, ci mancherebbe! Negli anni ci sono già stati episodi su cui è stato necessario fare accertamenti, ma questo non può indurre a gettare nella spazzatura il valore dell’affido né può far venir meno il valore di un sistema collaudato, consolidato ed efficiente. Grazie all’affido tante famiglie hanno aperto e aprono la loro casa e il loro cuore donando gratuitamente a bambini in difficoltà amore anzitutto, ma anche capacità e competenze”.
“Anzi – rilancia Ramonda – l’affido va piuttosto potenziato. Anzitutto con strumenti educativi ed economici nei confronti della famiglia di origine. Il bambino – sottolinea – va dato in affidamento solo quando è inevitabile.
Contemporaneamente bisogna lavorare per risolvere i problemi alla base del suo allontanamento e quindi fare di tutto affinché, sempre nella famiglia d’origine, si ricreino le condizioni necessarie per il rientro del minore stesso”. Non ultimo, poi, è opportuno “ vagliare attentamente le capacità genitoriali delle famiglie affidatarie e sostenerle sia economicamente sia a livello educativo. In parte già accade, ma occorre investire di più mentre il valore dell’affidamento familiare in questi anni è stato un po’ trascurato”.
Giovanna Pasqualin Traversa