In verità un buon amministratore non deve dimenticare nessuno, ma vogliamo riprendere l’appello del messaggio di fine anno del Presidente Mattarella che invitava a prestare maggiore attenzione ai giovani, per pungolare i candidati alle prossime elezioni regionali ad essere meno evasivi e scendere più sul concreto, indicando chiaramente come intendono fare fronte alle difficoltà che tanti giovani incontrano a trovare quelle opportunità lavorative e di carriera che meriterebbero, senza dover pensare di emigrare all’estero.
Perché non tutti, forse, sanno che dal 2010 ad oggi sono emigrati dall’Emilia Romagna verso un paese estero, quasi 78mila persone, di cui 19mila dalla Romagna.
Ma non sono tutti, perché gli emiliano romagnoli che nel tempo si sono iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) sono ben 206mila, di cui una buona parte giovani e laureati. Praticamente una città come Modena svuotata.
E’ vero che la nostra regione ha il tasso di disoccupazione tra i più bassi d’Italia, e questo è positivo, ma se il lavoro che cresce (per le indagini Istat basta lavorare una ora la settimana per essere considerato occupato) è di qualità scadente, per il tempo e la remunerazione, e non consente alle persone di vivere e di formarsi una famiglia, c’è poco da essere soddisfatti.
Il lavoro deve essere di qualità o non è. Se un giovane al primo impiego prende poco più di mille euro, che raddoppiano se va all’estero, qualcosa non sta funzionando. O le imprese non producono, perché poco innovative ed efficienti, valore sufficiente da potersi permettere stipendi competitivi, oppure stanno approfittando della congiuntura economica sfavorevole a chi cerca lavoro per imporre condizioni capestro.
In ogni caso una situazione da cambiare. Inseguiamo la migliore produttività europea, ma poi pretendiamo anche che i salari, oltre alle opportunità d’impiego, siano di livello europeo.
Un tempo esisteva il “modello emiliano” che era riuscito a coniugare sviluppo economico e inclusione sociale. Oggi, anche se i dati economici regionali sono relativamente buoni rispetto al quadro nazionale, praticamente stagnante, non si può negare, come confermato da una indagine
del Centro Luigi Bobbio dell’Università di Torino, che anche in questa regione cresce la preoccupazione per il futuro, che i residenti percepiscono “incerto e carico di rischi”.
Rilanciare con un forte impegno verso i giovani, da cui dipende il nostro futuro, sarebbe un modo per incanalare le loro energie e ristabilire quella fiducia che si sta erodendo. Ma ci vogliono idee e progetti concreti, non slogan generici. Perché finita la campagna elettorale bisogna governare. Cioè fare.