L’essere umano anela nel più profondo del cuore alla verità e alla pace, alla vita per se stesso e per gli altri. Nessuno può sentirsi esaudito in verità nelle proprie aspirazioni finché vi saranno attorno a lui uomini e donne ai quali i più elementari diritti umani sono negati, primo fra tutti il diritto alla vita e alla pace.
Ma appellarsi alla coscienza significa per tutti come prima cosa ritornare a pensare, cioè ad attivare un dialogo interiore con se stessi, con la verità, con gli altri, fino ad attingere risorse più grandi di ogni singolo individuo, forze capaci di spezzare le durezze di ogni cuore, di trasformare il nostro sguardo sulla realtà e renderlo capace di discernere vie di pace e di vita forse inimmaginabili. Ciascuno è chiamato a rinnovare ogni giorno – e in particolare nelle ore più difficili – un profondo esame di coscienza, chiedendo perdono ai fratelli e alle sorelle in umanità per tutte le volte che l’indifferenza ha prevalso sulla solidarietà, la menzogna sulla verità, l’odio sull’amore, la guerra sulla pace.
Per i credenti, il dialogo interiore con la verità e con forze che trascendono le singole persone, ha il nome di preghiera: non c’è possibilità di pace senza la preghiera, con la quale si prende atto che la pace va al di là degli sforzi umani e trova la sua sorgente e realizzazione in una Realtà che ci supera.
A noi cristiani, san Paolo afferma: “è Cristo la nostra pace” (Ef 2,14). Ma se è vero che la pace porta il nome di Gesù Cristo, è altrettanto vero che nel corso della storia coloro che si sono fregiati del suo nome non sempre hanno saputo testimoniare il destino ultimo dell’uomo nella comunione attorno al trono dell’Agnello.
Le stesse divisioni che perdurano tra i discepoli di Cristo sono uno scandalo e una vera contro-testimonianza.
Perciò l’esame di coscienza dei cristiani, oltre a comprendere uno sforzo di riflessione autocritica e di lotta anti-idolatrica, dovrà essere, proprio in virtù della stessa fede nel vero nome della pace, ancor più serio e radicale.
Per tutti questi motivi, Papa Francesco ha indetto una Giornata di preghiera e di digiuno per la pace, soprattutto nella Repubblica popolare del Congo e in Sud Sudan – Paesi stremati dal “tragico protrarsi di situazioni di conflitto”- chiedendo “anche ai fratelli e alle sorelle non cattolici e non cristiani di associarsi a questa iniziativa nelle modalità che riterranno più opportune”. Sarà un giorno di digiuno nel quale pregare ardentemente Dio perché conceda al mondo una pace stabile, fondata sulla giustizia, e ispiri a quanti hanno responsabilità del bene comune adeguate soluzioni ai conflitti che travagliano il mondo.
Enzo Bianchi