Ci hanno provato amministrazione comunale e Questura di Rimini a porre un freno alla prostituzione. Solo buchi nell’acqua. Le varie ordinanze comunali e i fogli di via sono stati impugnati dalla difesa delle prostitute e annullati dai giudici. Dal Tribunale locale alla Cassazione il coro è all’unisono: “La prostituzione in Italia è legale”. Il sindaco non la può vietare (solo i legislatori centrali possono farlo), e le “signorine” non possono essere allontanate dalla città in quanto la loro “professione” non comporta reato. Tutto azzerato dunque. Il Questore di Rimini Alfonso Terribile esprime il suo rammarico: “Comprendo le basi giuridiche del giudice di Rimini che ha annullato i nostri fogli di via, però penso ad altre province d’Italia (come Brindisi) dove il Tribunale ha appoggiato la Questura e le donne sono state costrette ad andarsene”.
Qual è il problema di fondo?
“Manca un’azione coordinata tra le varie istituzioni, una visione comune sul fenomeno. Con la sentenza del Tribunale di Rimini si corre, invece, il rischio che le prostitute si sentano immuni dai provvedimenti della Polizia. Se noi perseguiamo una strada perché percepiamo un pericolo per l’ordine pubblico e poi arriva un giudice ad annullare il lavoro fatto…”.
Proseguirete ugualmente ad emettere fogli di via?
“Certo! Anche se abbiamo le armi spuntate. Li possiamo emettere solo in merito all’offesa del pudore, essendo queste donne mezze svestite”.
In quali altri modi potete agire?
“Dato che la prostituzione non è un reato, possiamo soltanto disturbare le prostitute facendo dei controlli e chiedendo i documenti. Però una volta identificate non possiamo rifarlo, e il giorno dopo tornano indisturbate sulla strada. In più sono cittadine comunitarie, quindi possono rimanere legalmente sul territorio”.
Chi sono le prostitute riminesi?
“Al 90%, forse di più, sono comunitarie. Una piccola parte volontarie. Oggi lo sfruttamento è diventato più soft, nel comprenderlo ci ha aiutato l’Associazione Papa Giovanni XXIII. Non c’è più il protettore di una volta, sono prostitute più ‘navigate’. Quando interveniamo si spostano a Ravenna, Bologna o Pesaro per far apparire meno la presenza e poi ritornano. E non sono necessariamente legate alla criminalità organizzata”.
Il fenomeno a Rimini è diverso rispetto altrove?
“No, solo che a Rimini è più concentrato per via dell’alta densità di turisti, quindi la percezione da parte dei cittadini è di un pericolo maggiore. Il fenomeno è pressoché immutato rispetto al passato. Negli anni 60 la Polizia poteva incidere portando le prostitute in Questura; oggi non è più possibile. Ad essere cambiato è anche il contesto sociale, i costumi degli italiani…”.
Questo anche all’estero dove la prostituzione muta da paese a paese…
“Democrazie evolute come quelle nord-europee hanno risolto forse in parte il problema, normando la prostituzione, ma non è detto che abbiano debellato lo sfruttamento. Il principio di base deve essere la protezione della donna. Poi è vero che i tempi sono cambiati e la gente si fa domande: sarebbe il caso di regolarizzare facendo pagare loro le tasse? Offendono davvero il pudore in strada se sulla spiaggia si vedono donne ancora più svestite? Tanti gli interrogativi”.
Lei cosa farebbe?
“Servono norme amministrative più adeguate ai nostri tempi. La Polizia deve avere la possibilità di incidere: il foglio di vita può risolvere, o almeno limitare il fenomeno. Basterebbe una condivisione da parte del giudice sulle motivazioni dei nostri provvedimenti, mentre noi dovremmo affinarli. Poi occorre lavorare sul cliente, il primo sfruttatore, e sullo sfruttamento in generale; ad oggi non so quanto la Senatrice Merlin sarebbe soddisfatta di quello che ha ottenuto con la sua legge. Bisogna uscire da una serie di ipocrisie e incomprensioni tra istituzioni perché, lo dimostra Miramare, la prostituzione influenza la pacifica convivenza dei cittadini”.
Mirco Paganeli