<+cap4Cfg>N<+testo_band>on è un agriturismo, e non ha nemmeno i tratti del bed and breakfast ma in comune con altre esperienze di turismo sostenibile ha la parola d’ordine: autenticità. L’ultima “invenzione” in tema di ospitalità è idea tutta italiana tanto che gli stranieri ci applaudono e chiamano questo modello proprio con il suo italianissimo nome di battesimo: albergo diffuso.
L’«albergo che non si vede» è legato a filo doppio con Rimini: il suo “inventore” è l’esperto di marketing riminese Giancarlo Dall’Ara, a Rimini nel 2005 ha tenuto i suoi primi “stati generali” e qui è nata l’Associazione che li raccoglie. Peccato che Rimini l’abbia pensata ma non messa in pratica, questa formula, nonostante San Leo vent’anni fa ci abbia provato.
A far cambiare idea sul’albergo diffuso ora ci sta provando “Le Case Antiche” di Verucchio, che pur non avendo tutte le carte in regola dell’AD ha sposato la filosofia. Si tratta di una vera e propria sfida culturale: il turista in cerca di nuove e non convenzionali esperienza di vacanza, gode delle stesse comodità di un hotel ma le stanze, ricavate da edifici già esistenti e ristrutturati, non sono tutte nello stesso stabile della reception ma “sparpagliate” nel cuore del paese, in un raggio di 300 metri dalla struttura comune in cui raccogliere informazioni, fare conversazione, guardare la tv e leggere un bel libro. <+cors>“Si tratta di un albergo orizzontale <+testo>– spiega il teorico del modello albergo diffuso, Giancarlo Dall’Ara – <+cors>che si sviluppa mettendo a sistema realtà esistenti, organizzate in modo da offrire agli ospiti gli stessi servizi di un hotel con l’aggiunta dell’autenticità”<+testo>. Il proprietario diventa così “quello del piano di sopra”, la donna delle pulizie al pomeriggio si trasforma “nella ragazza della porta accanto”, i tappeti calpestati nella stanza da letto sono un’opera di artigianato acquistabile dallo stesso fornitore dell’albergo.
Nata come idea negli anni ’80 in Friuli (dove si pensava di riutilizzare case distrutte dal terremoto), sviluppata come progetto a San Leo, l’albergo diffuso è diventata un’ospitale realtà riconosciuta per la prima volta in Sardegna. Ora l’Associazione nata a Rimini riconosce una sessantina di realtà e una “Ospitalità Diffusa”, quella di Verucchio appunto. A giugno, poi, aprirà ufficialmente i battenti un AD spagnolo, a Ledesma. Il nome è tutto un programma: Casa de Padua, da una proprietà del 1300 di una famiglia di origine italiana.
In Romagna un ottimo (e unico) esempio lo si può trovare a Portico, “Al Vecchio convento”. In generale si tratta di esperienze in cui il cliente smette i panni del turista e indossa quelli del viaggiatore intento a respirare il genius loci del borgo che lo accoglie. E senza aggiungere mattoni ma solo ristrutturando l’esistente. <+cors>“Recuperare costa meno che realizzare un nuovo edificio”<+testo> assicura l’architetto e imprenditore Guglielmo Machiavello che ha aperto il “Corte Fiorita” di Bosa, in Sardegna, ammortizzando l’investimento quasi in due stagioni. L’autenticità dell’albergo diffuso non può comunque fare a meno della competenza nella gestione. I prezzi poi non devono spaventare: alla portata di tutte le tasche. Con il vantaggio di sentirsi a casa propria ma in vacanza.
<+FirmaCoda>Paolo Guiducci