La fede nasce dall’ascolto e si rafforza nell’annuncio”, questo il fulcro di un’omelia del Santo Padre di qualche tempo fa. Ascoltare e annunciare, due azioni apparentemente semplici.
Spesso però metterle in pratica è complicato. Tra chi ci è riuscito, c’è sicuramente suor Chiara Fabbri, una ragazza cesenate di 34 anni che ha da poco preso i voti definitivi. La sua vocazione è maturata durante un periodo di insoddisfazione personale che le ha dato modo di rispondere ad una domanda che da qualche tempo le girava in testa: “perché no”? Dietro la mascherina, gli occhi sorridono e lo stesso sorriso si percepisce stampato sulle labbra. Vive a Santarcangelo, assieme alle consorelle della Lega della Sacra Famiglia.
Chiara, come si decide di diventare suora? Com’era la tua vita prima di capire che eri stata chiamata?
“La mia vita era ‘normale’, come sono state la mia infanzia e la mia adolescenza. Avevo un ragazzo, frequentavo la facoltà di Scienze motorie all’Università di Rimini ma … ad un certo punto ho avvertito una certa insoddisfazione.
Credevo di essere contenta, ma sentivo che c’era qualcosa che non funzionava. Avevo fondamentalmente capito che quegli studi non erano fatti per me. E poi c’era anche qualcos’altro, quella domanda che mi tormentava”.
Sentivi la necessità di qualcosa di particolare?
“Avevo tutto: ho sempre avuto una buona cerchia di amici, una bella famiglia, una vita in parrocchia e nel mondo scout. Ma, come accade a molti adolescenti, mi sono ritrovata a frequentare gli scout e la parrocchia soprattutto per gli amici, non per un gran senso di fede. Avevo tutto, ma avvertivo un senso di vuoto”.
E invece…
“Invece è stato proprio da questa insoddisfazione, arrivata durante il primo anno di università, che è nato tutto. Ho cercato semplicemente di rispondere al «Perché no?» e mi sono messa in ascolto”.
Hai amiche o conoscenti che, prima di te, avevano fatto questa scelta?
“Assolutamente no. Non conoscevo nemmeno le suore, a parte una conoscenza molto superficiale con suor Chiara Mondardini maturata durante alcuni incontri agli scout, ai tempi delle scuole medie. Ascoltare Suor Chiara era stato affascinante, ma era capitato diversi anni prima, quando proprio non avevo per la testa nessun minino pensiero”.
Poi, cos’è capitato?
“Ho continuato a cercare una risposta a questo «Perché no?» che mi si riproponeva sempre più spesso, incappando in certe coincidenze particolari. Sì, perché Qualcuno ci aveva già messo lo zampino! Il periodo in cui la domanda si faceva sempre più insistente ha coinciso, qualche tempo dopo, con un campo scout. E per la prima volta con noi c’era una suora. Ed era proprio ‘quella’ suora: Chiara. Abbiamo avuto modo di parlare e la cosa da lì, pian piano, è andata avanti”.
La tua famiglia come l’ha presa? E il tuo ragazzo?
“La mia famiglia mi ha appoggiato da subito, tranquillamente. Al mio ragazzo ho spiegato che avevo trovato una risposta a quella famosa domanda che mi frullava costantemente in testa. Ed è iniziato così il ‘cammino formativo’. L’aspirantato (un anno che serve prettamente a conoscere l’ambiente), il postulato (incominci a vivere da vicino la vita delle suore). Io questa esperienza l’ho fatta in una missione in Colombia, dove sono rimasta per circa 3 anni. Lì ho fatto postulato e noviziato, la parte finale del percorso al quale seguono i voti semplici”.
Perchè hai scelto le suore della Sacra Famiglia di Santarcangelo?
“La Sacra Famiglia l’avevo scelta all’inizio proprio perché Suor Chiara apparteneva a quell’istituto. Ho sentito da subito il suo carisma e la mia strada ha seguito un po’ la sua. Poi, si è deciso di spostarmi nella casa di Santarcangelo”.
Eravamo rimaste ai voti “semplici”. Dopo cosa c’è?
“Tra quelli semplici e quelli definitivi deve passare un periodo che va da un minimo di 5 anni ad un massimo di 9. È un tempo che viene dato come ulteriore possibilità per capire a fondo la scelta”.
Oggi, come è scandita la tua giornata? Hai qualche incarico particolare in parrocchia?
“È una ‘normale’ vita in famiglia. Al mattino le lodi, in un momento a piacere della giornata la preghiera personale, nel tardo pomeriggio la Messa. E in mezzo a tutto questo, incastro i servizi. A Santarcangelo seguo i ragazzi del triennio. Poi ho altri impegni a Cesena, ad esempio. E inoltre ho ripreso, dopo due anni di pausa, la laurea magistrale in pedagogia”.
Hai un appello che ti piacerebbe rivolgere ai giovani o – in generale – alla comunità?
“Mi piacerebbe semplicemente dire di non aver paura di ascoltare. Perché Gesù ci parla e si mostra, attraverso le persone e le esperienze della nostra vita. Il fatto che in quel campeggio estivo del mio famoso anno di crisi ci fosse suor Chiara, è un segno evidente. Quindi, più che fare un appello, vorrei dire che Dio ci lascia liberi di scegliere, ma non bisogna aver timore di mettersi in ascolto e di accettare la nostra chiamata, qualunque essa sia”.
Roberta Tamburini