“Ho vissuto in Corea del Sud, Indonesia, Canada, Costa Rica, a Shanghai, a New York e in altre città”. Tornando con la memoria ai suoi due anni e mezzo di lavoro cosmopolita, il 26enne Marcello Ascani fatica a ricordare tutti i Paesi che lo hanno ospitato. La sua, da influencer con oltre 750mila seguaci su Youtube, è una vita fuori dal comune e una chimera per tutti i “nomadi digitali” d’Italia.
Ma chi sono i “nomadi digitali”? Si tratta di lavoratori da remoto, perlopiù giovani esperti di marketing e comunicazione. Alla base della loro scelta di esercitare professioni itineranti, c’è una nuova concezione del tempo da dedicare al lavoro, contrapposta a quella dei genitori.
“Fra i più giovani viene dato molto valore al tempo libero. – spiega Ascani – In generale, accettiamo stipendi minori per vivere meglio: siamo meno aziendalisti e valorizziamo, nel bene e nel male, il viaggio. Che viene visto come massima espressione della felicità, ma a volte è più uno status symbol”.
C’è chi lega anche il fenomeno alla crescita delle dimissioni volontarie anche in Italia, ma le chiavi di lettura sono diverse. I più attratti dal “nomadismo digitale” sono proprio i lavoratori dipendenti, spesso laureati. “Io sono un caso particolare. – racconta lo youtuber – Per me viaggiare era un investimento, facendo i video. Nel 2019 ho deciso di partire e di non tornare più, ma mi ha bloccato la pandemia. Oggi ho aperto la mia agenzia a Milano e lavoriamo tutti da remoto: ci vediamo in ufficio una volta al mese”.
“Lavoro da remoto per un’agenzia che collabora con l’ONU. – spiega Irene Ameglio – A ottobre 2020 mi sono trasferita nelle Alpi piemontesi, a Pragelato, con una mia amica. Dopo tre mesi, ci trovavamo così bene che non abbiamo più lasciato la montagna”. Di borgo in borgo, le due nomadi hanno lavorato per anni ad alta quota, fra una passeggiata nella natura e un’ora trascorsa a coltivare l’orto. “Ho vissuto all’estero e in grandi città. – continua Ameglio – Ma in un borgo si torna al senso originario di comunità, con persone che condividono lo stesso stile di vita: ci facciamo favori e ci si prestano le cose”.
Gran parte dei “nomadi digitali” italiani, inoltre, si dice favorevole a ripopolare, grazie proprio all’attività svolta, i piccoli Comuni, specialmente al Sud.
Andrea Ceredani