Quando due giovani si avvicinano al giorno delle loro nozze incominciano a darsi un gran da fare a preparare la casa, a invitare parenti e amici, a cercare il ristorante… A farsi belli come di dovere!
E quando un giovane si prepara a diventare prete cosa fa? Certamente anche loro hanno qualche invito da fare, qualche segno di festa da preparare, qualche familiare da tranquillizzare… ma soprattutto devono predisporsi nella loro interiorità ad accogliere quei doni straordinari che il Signore sta per consegnare loro.
Marcello, Raffaele e Alberto, da sabato 28 giugno preti della nostra Chiesa riminese, si sono ritirati per una settimana in un convento, senza alcuna altra preoccupazione che quella di mettersi in ascolto di Dio, avendo come straordinario compagno di viaggio lo stesso vescovo Francesco.
“Abbiamo iniziato il nostro ritiro – racconta don Marcello – lunedì mattina 2 giugno e lo abbiamo concluso sabato a pranzo. Ogni giorno il Vescovo ci dettava due meditazioni; una al mattino e una al pomeriggio. Il resto della giornata lo occupavamo nel silenzio con la riflessione personale, con la preghiera e la partecipazione alla vita della comunità religiosa che ci ospitava. Abbiamo ricevuto una bellissima e fraterna accoglienza dalla comunità dei frati, tanto che ormai ci sentivamo di casa”.
“Avere il Vescovo come predicatore degli Esercizi è stata una gran sorpresa e un dono inatteso – C
commenta don Raffaele. Abbiamo avuto modo di sentirlo come compagno di viaggio … Lui davanti come guida, ma anche come compagno di viaggio. Ha dialogato con noi e lo abbiamo sentito come pastore nel presentarci la vita del Presbiterio, nel sollecitarci alla fraternità sacerdotale”.
“Diversamente dagli altri anni – confessa don Alberto – quest’anno ho fatto un po’più fatica, perché cercavo e avevo bisogno di più silenzio. Una fatica feconda per mettere a fuoco la mia vita e fare sintesi in vista dell’ordinazione presbiterale. Il Vescovo però mi ha aiutato a vivere con più semplicità questo tempo con le sue meditazioni prese dalla lettera ai Romani: “Amati quindi salvati”. La fine del cammino poi è stata la riflessione sui tre consigli evangelici della Povertà, Obbedienza e Castità. Gioia del dono… dono della vita”.
Dopo un corso di esercizi con un così illustre e autorevole Predicatore, sarete certamente pronti a “essere” preti1!
“Ebbene, sì! – scatta prontamente don Raffaele, poi frena – …se per ‘pronti’ significa sentirci disponibili a iniziare questo cammino… Perché diventare preti non significa ‘arrivo’ ma inizio di un cammino. Saranno infatti la grazia di Dio e gli anni a consolidarci nel nostro essere preti”.
Don Marcello ribadisce: “Avverto maggiormente la chiamata ad una disponibilità interiore più che a essere tecnicamente pronto. Arrivo alla mia ordinazione con questo sentimento, ovvero a lasciarmi formare da Lui, perché sono convinto che il ministero sacerdotale abbia bisogno di continuo aggiornamento”.
“Vedo il prete – dice con parole pesate e meditate don Alberto – come colui che deve avere coscienza di essere quello che è: ministro di Dio; altrimenti non saprà dare nulla. Forse non mi sentirò mai umanamente pronto a essere prete, ma desidero restare sempre in ascolto di quella chiamata creativa che mi realizza giorno dopo giorno. Prendere tutto dal Signore… anche la parrocchia quando verrà e come verrà”.
Per restare ancora un momento sui discorsi impegnati, mi pare di sentire una certa relazione fra disponibilità e obbedienza. Come fanno o devono fare rima queste due virtù nella vita di un prete?
“La disponibilità – spiega per tutti don Raffaele – non è frustrazione o alienazione della propria volontà, ma obbedienza alla volontà e ai progetti del Signore. L’obbedienza di un prete deve essere molto più ampia delle singole disponibilità. E deve viverla con gioia proprio perché siamo preti per Cristo e per la Chiesa, non per qualche singola realtà”.
Come seminaristi ‘teologi’ e come diaconi avete già sperimentato la vita di parrocchia con esperienze pastorali significative. Volete parlarne?
“Ho svolto il ministero diaconale a Bellaria – incomincia a raccontare don Marcello – dove ero già da seminarista e da studente di teologia. Il diaconato è stato un passo decisivo sia per la mia vita che per il mio servizio in parrocchia, soprattutto nel rapporto con la gente e con i preti. È stato un tempo di approfondimento del ministero, un tempo di condivisione nel concreto della vita pastorale. Il cambiamento grosso nella mia vita? Il mio tempo non è più in mano a me stesso, ma è a disposizione per qualcun altro”.
“Io sono andato alla parrocchia del Crocifisso dopo l’ordinazione diaconale – continua don Raffaele – Quel che mi ha colpito è che la gente si è subito rapportata con me come se fossi già prete, a differenza degli altri diaconi permanenti. La parrocchia del Crocifisso non lascia molto spazio alla perdita di tempo, ma ho vissuto una esperienza bella, nell’accoglienza cordiale e nella generosa collaborazione dei laici. Devo anche dire di aver avuto a disposizione delle belle figure di preti che mi hanno aiutato esemplarmente nella preparazione all’ordinazione e, in qualche modo, mi hanno fatto già sentire parte del presbiterio”.
Don Alberto è andato alla parrocchia di S. Raffaele dopo l’ordinazione diaconale e dopo la significativa esperienza alla Colonnella: “È stato molto importante per me condividere ‘gli stessi spazi’ con don Giuseppe: sia per la sua concreta testimonianza di prete – contento di esserlo – sia per il suo rapporto con i parrocchiani (operatori pastorali e non). Ho respirato cioè aria di comunione, non tanto e non solo nell’organizzazione e nell’aiuto pastorale, quanto invece nella condivisione di uno stile, lo stile capace di accogliere la gente e di sentirsi accolto da lei. La mia fede è cresciuta nel contatto con queste belle persone”.
Avete detto che l’ordinazione presbiterale non è punto di arrivo, ma di partenza. Dove vi porterà il vostro impegno ministeriale?
“Non conosciamo il futuro – è la risposta corale – e non sappiamo dove ci manderà il Vescovo. Però, fra le altre cose che ci capiteranno, pensiamo di continuare anche a studiare un po’”.
Don Marcello farà Liturgia pastorale a Padova, don Raffaele Teologia pastorale sempre a Padova, e don Alberto Antropologia teologica a Firenze.
“Il Vescovo però ci ha detto di non illuderci di poter studiare a tempo pieno. Il nostro impegno principale rimane e rimarrà sempre quello pastorale. Ci ha chiesto anche le motivazioni del nostro studio, mettendoci in guardia dalla sottile tentazione della ‘carriera’: Lo studio sia una vera e propria crescita personale e ministeriale”.
E tutta la comunità cristiana riminese, in questo momento, ve lo augura di cuore e prega per voi.
Egidio Briglidori