È la febbre della gioventù che mantiene il resto del mondo alla giusta temperatura. Quando raffredda, il resto del mondo batte i denti”. È lo scrittore francese Georges Bernanos, di cui ricorre quest’anno il sessantesimo anniversario della morte, a riproporre, con il suo tipico linguaggio, l’antica e sempre nuova questione del dialogo tra le generazioni. L’immagine richiama quella che, definita come “emergenza educativa”, è in realtà una costante preoccupazione della società e della Chiesa. Una questione attorno alla quale, come al capezzale di un malato, sono a consulto permanente dotti ed esperti. L’immagine riporta alla mente una battuta di Giovanni XXIII a proposito della parrocchia, un altro “ammalato” sotto periodica osservazione. Ricordava papa Roncalli che molti sono pronti a giudicare la parrocchia e a darle consigli, molti meno sono quelli disposti ad amarla. E così, rimanendo sul filo delle battute, si potrebbe entrare nel mondo della comunicazione e, tra i molti esperti di antichi e nuovi media, cercare un comunicatore, qualcuno che in coloro a cui si rivolge vede dei volti e non delle percentuali.
Tre battute solo per dire che accanto al tempo delle analisi, delle riflessioni e dei progetti non può mancare il tempo dello spendersi, dell’impegnarsi, del consumarsi. L’ambito educativo, che ha come primi protagonisti i giovani, è in particolare attesa di questo tempo.
C’è un pensiero-poesia di don Primo Mazzolari che entra in campo: “Ci impegniamo – scrive il parroco di Bozzolo – non per riordinare il mondo non per rifarlo su misura, ma per amarlo. Per amare anche quello che non possiamo accettare, anche quello che non è amabile, anche quello che pare rifiutarsi all’amore perché dietro ogni volto e sotto ogni cuore c’è, insieme a una grande sete d’amore, il volto e il cuore dell’Amore”.
Ci sono ancora persone che vivono le parole semplici ed essenziali di un prete di campagna: “Ci impegniamo noi e non gli altri, unicamente noi e non gli altri, né chi sta in alto né chi sta in basso, né chi crede né chi non crede. Ci impegniamo senza pretendere che gli altri s’impegnino con noi o per conto loro, come noi o in altro modo. Ci impegniamo senza giudicare chi non s’impegna…”.
Paolo Bustaffa