La giornata del primo maggio, quest’anno, è legata al cammino della prossima Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia (4-25 ottobre 2015) e ha come cornice di speranza e di riflessione l’evento del 5° Convegno Ecclesiale Nazionale (Firenze, 9-13 novembre 2015): “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”.
Senza lavoro, infatti, non c’è famiglia e non c’è dignità umana. Ma sono ancora molti nel nostro Paese i fratelli e le sorelle, specie giovani, che mancano della dignità del lavoro. In tante famiglie, le reti sono e restano vuote. Un dramma che ci fa comprendere come vere le parole del Papa: “L’evolversi dell’idolatria del denaro ci sta facendo affogare nella rovina e nella perdizione” (Meditazione mattutina nella Cappella della Domus Sanctae Marthae, 20 settembre 2013).
Perché nei tanti disoccupati c’è realmente il Cristo che soffre, che “consoffre”, lui, il Figlio dell’uomo che non ha dove posare il capo (cfr. Mt 8,20). Lui, però, è il Signore vicino a chi ha il cuore ferito (cfr. Sal 34,19): lui, il falegname, il carpentiere di Nazareth, di certo comprende le nostre fragilità e precarietà, spirituali e lavorative (cfr. Mc 6,3).
Per questo, anche le nostre comunità cristiane sostano in una Veglia di riflessione e di preghiera, con cuore attento e vigilante. La Chiesa sente il bisogno di spezzare il pane, perché con cinque pani si possa nutrire il pianeta.
Questa Veglia, allora, si tinge dei colori della riflessione culturale, sorretti dalla Dottrina sociale della Chiesa. Si sente infatti impellente il dovere di fondare la nostra economia su un preciso orientamento etico e antropologico che ponga sulla persona, non sul mercato da solo, la forza stessa dell’economia. Si apre una sfida per superare quella finanza che, finora, si è presentata come negazione del primato dell’uomo. La mancanza di lavoro uccide, poiché è “un’economia dell’esclusione e della inequità” (Evangelii gaudium 53).
Il problema non è quello della sussistenza, ma quello di “non poter portare il pane a casa” come ha detto Papa Francesco in Molise e a Scampia. Dove non c’è lavoro, non c’è dignità. La persona si riduce a merce e mancando la dignità, l’umanesimo si svuota!
Come Chiesa e società italiana, ci interroghiamo allora con trepidazione sul futuro dei nostri giovani. Sulla loro dignità. Sentiamo infatti che questa precarietà è attesa di nuove strade, per la costruzione del bene comune.
Solo insieme ne usciremo. Lottando contro la paura e l’indifferenza. Tramite san Giuseppe, fissiamo lo sguardo su Gesù, lui “che ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo e ha lavorato con mani d’uomo!” (<+cors>Gaudium et spes<+testo_band> 22).
La Commissione Episcopale
per i Problemi Sociali e il Lavoro,
la Giustizia e la Pace