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Nella cultura di Fellini

Siamo ad un nuovo capitolo del racconto di questa storia, della storia del rapporto tra Rimini e Federico Fellini e delle infinite possibilità nelle quali queste due “entità” possono incontrarsi. Dopo aver parlato con Pupi Avati, con UniRimini e con l’Università sulla possibilità di mettere in piedi – rispettivamente – una scuola di cinema, un corso universitario e un museo della moda adesso entriamo nel merito di un progetto che pur essendo sulla carta è quello meno “sulla carta” di tutti, in quanto ha già abbandonato il suo stato embrionale ed ha fatto le prove generali d’esistenza al FelliniAnno, l’anno di festeggiamenti messi in campo dal Comune in occasione di importanti anniversari legati al regista riminese. Stiamo parlando del museo reale/virtuale dedicato all’opera e alla figura di Federico Fellini. A raccontarci della storia, delle vicissitudini e dello stato dell’arte di questo grande progetto è l’assessore alla Cultura del Comune di Rimini, Massimo Pulini.

Assessore, io partirei da un successo: il FelliniAnno. È una mia impressione oppure è andato particolarmente bene?
“Se li mettiamo in fila, uno dopo l’altro, parliamo di circa 40 eventi, più o meno grandi e di diversa natura. Gli incontri hanno registrato il tutto esaurito. Incontri con l’autore e proiezioni, solo per citarne alcuni, anche se il fulcro del FelliniAnno è stata la mostra al Teatro degli Atti. Abbiamo registrato 12mila presenze”.

Sfatiamo il mito del cattivo rapporto tra Rimini e Federico Fellini?
“Io sono convinto che finché non ci sarà qualcosa di stabile in città, questo mito, come dice lei, non si potrà mai sfatare. Ma è giusto. È giusto che la città abbia un luogo come il museo che stiamo pensando e cercando di realizzare”.

A che punto stanno i lavori?
“Non è semplice da spiegare anche perché c’è stato uno stop dovuto alla morte di Paolo Rosa, l’anima di Studio Azzurro <+cors>(pioniere nell’interattività e nel multimediale applicati alla creatività, ndr)<+testo_band> e collaboratore attivo di questo progetto. Con lui abbiamo deciso di abbandonare la strada del museo di collezione per intraprendere quella del museo di narrazione. Non ci piaceva l’idea del feticismo degli oggetti, molto di più l’idea d’impressioni evocative e suggestioni”.

Molte parti web e interattive, installazioni video…
“Si, anche se ci saranno anche delle parti più classiche perché abbiamo anche molti oggetti, e tutta una parte archivistica, di libri e di film che appartenevano alla Fondazione”.

A proposito della Fondazione, a grandi linee, sa quando queste opere d’arte saranno libere da vincoli e passeranno nelle mani del Comune?
“Questo è difficile da definirlo viste le vicissitudini della Fondazione che è in stato di liquidazione, sono libri e pellicole che se non al museo verranno ospitati nel nuovo Fulgor”.

Parliamo di Fulgor: anche lì il cantiere è aperto…
“Si, il cantiere è aperto ma siamo nei tempi. Nel giro di un anno e mezzo ci verrà consegnato il contenitore e poi vedremo di rimodularlo e di vedere che cosa dovrà essere. Proprio rispetto all’idea di legare a Fellini e a Rimini una scuola, non è detto che non si faccia un grande centro studi partendo proprio dal patrimonio archivistico presente. È tutto in divenire”.

Ma torniamo al museo, dopo lo stop legato all’improvvisa scomparsa di Paolo Rosa, i lavori sono andati avanti?
“Stiamo andando avanti, nel giro di 2-3 settimane dovrebbe uscire un bando pubblico per l’attribuzione dei lavori. Dobbiamo fare delle verifiche tecniche prima di andare avanti, sul luogo nel quale sviluppare questo spazio. Candidati sono l’Arengo e l’ex Ospedale. Si tratta di verifiche legate alla fattibilità di alcune soluzioni, alle sovraintendenze, ai permessi etc… Diciamo che a livello strutturale l’ex Ospedale sarebbe pronto perché ci sono già degli spazi definiti mentre lo spazio dell’Arengo sarebbe tutto da modulare, anche con passerelle sopraelevate. Insomma c’è tanto lavoro”.

Il bando è legato solo a lavori infrastrutturali oppure anche concettuali?
“Entra nel bando anche la questione concettuale, l’idea della suddivisione degli spazi e del progetto museo in generale. Il Comune, in quanto committente, sta delineando le linee guida del risultato ma è tutto da costruire. Naturalmente vanno salvate quelle 6-7 cose che sono già state sperimentate durante la mostra del FelliniAnno e che hanno avuto successo”.

Vuole aggiungere qualcosa, assessore?
“Voglio dire che davanti a un personaggio come Fellini, del valore artistico di questo maestro, le premesse devono essere diverse dalla sola monetizzazione del brand Fellini. Il regista riminese non è il cadavere da tosare o perlomeno questo non è il primo pensiero che deve venire in mente. Io non condanno l’atteggiamento più votato al turismo e all’economia, se c’è ben venga. Dico solo che non deve essere il primo pensiero e l’atteggiamento che muove l’operato di un assessorato alla cultura. L’obiettivo del pubblico, in questo caso, è culturale”.

Angela De Rubeis