La santificazione è un cammino comunitario da fare a due a due” (Gaudete et exsultate 141) è il titolo della 58° Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni, proposta domenica 25 aprile.
La scelta del tema è per sottolineare la dimensione comunitaria del cammino di santificazione. La recente enciclica di Papa Francesco offre ulteriori spunti di riflessione sulla fraternità. Abbiamo chiesto a quattro esperienze di raccontare la vocazione che sta segnando il cammino della loro vita.
Con le ragazze
vittime di tratta
i chiamo Benedetta e ho 33 anni. Non sono sposata, non ho figli, non sono consacrata… cosa sono allora? A volte non appartenere ad un “gruppo” ben definito mi spaventa e mi fa pensare di aver perso la bussola; poi mi basta leggere il Vangelo, ricordarmi che il Signore mi ama così come sono e cammina sempre al mio fianco, per ringraziare di tutto ciò che ricevo ogni giorno e provare anche io ad amare il prossimo come Lui mi insegna.
Ho sempre cercato di spendermi in modalità differenti a partire dal mio lavoro come educatrice a scuola o il servizio come capo scout o altre forme di volontariato, ma sentivo sempre che mancava qualcosa, una condivisione più quotidiana. Mi sembrava di essere un po’ come Marta, l’amica di Gesù, che fra le due sorelle è quella più affaccendata che si dà molto da fare con tanti servizi, ma che alla fine non sembra pienamente felice. Grazie all’incontro con la Comunità Papa Giovanni XXIII e alla proposta di venire a vivere in una struttura di Rimini, ho scoperto quanto sia bello anche essere un po’ Maria e gustarmi la parte più buona, cioè lo stare in relazione in maniera semplice, senza particolari attività da organizzare.
E così sono molto grata al Signore per avermi chiamata in questa casa che accoglie ragazze che sono state vittime di tratta, ora così lontane dalla propria terra, dai propri affetti, e cercare, insieme, di essere famiglia.
Benedetta
La sorpresa di Dio
con Agnese e Maddalena
iao, ci presentiamo: siamo Gianluca ed Elisa, una coppia di sposi della parrocchia di Santarcangelo. Ci siamo sposati l’8 giugno 2019. Potremmo dire di aver coronato il nostro grande sogno quel meraviglioso giorno ed in un certo senso è stato così. Ma crediamo che la nostra scelta non si limiti solo all’aver reso concreto un nostro desiderio di essere e fare una famiglia nostra, quanto piuttosto un affidarsi ad un progetto che non è più solo di noi due, ma sempre accompagnato e guidato dal Signore, nel percorso di fede personale e di coppia che stiamo coltivando nel tempo.
Per noi la vocazione matrimoniale si rende concreta proprio in questo progetto, desiderato e immaginato e allo stesso tempo sorprendente, dove la certezza del nostro essere coppia va a braccetto con l’affidarsi al Signore nei momenti di fatica o che non erano stati previsti. In questi quasi due anni di matrimonio abbiamo vissuto la nostra quotidianità, cercando di ascoltarci reciprocamente, di aiutarci nelle difficoltà, di “fare il tifo” l’uno per l’altro nei piccoli e grandi traguardi personali, di rispettarci ed “aspettarci”, perché non tutti i giorni si è sulla stessa linea d’onda. Abbiamo deciso quasi subito di dedicare del tempo alla preghiera, con due momenti (quello delle lodi e quello dei vespri nella nostra cameretta studio) che in un certo senso scandiscono il senso delle nostre giornate, perché abbiamo visto che ci è di grande aiuto fermarci, per ringraziare per tutto ciò che di bello e prezioso ci è stato donato, pensare, pregare il Signore.
E a proposito di grandi grazie, da pochi giorni siamo diventati genitori di due gemelline. Anche questo bellissimo viaggio tanto desiderato, non è partito esattamente come ce lo saremmo aspettati, però anche qui abbiamo cercato di affidarci completamente, lasciandoci sorprendere. E una grande sorpresa ce l’hanno fatta Agnese e Maddalena decidendo di arrivare un po’ prima del previsto. Purtroppo ancora non possiamo dire nulla sulla nostra vocazione di essere genitori perché, a causa di questo arrivo “prematuro” e meraviglioso, le bimbe non sono ancora sempre con noi, però non vediamo l’ora di accoglierle e conoscerle completamente. Curiosi e vogliosi di iniziare questa nuova parte di tragitto insieme. Ci sarà da avere un pochino di pazienza ma ne vale la pena!
Gianluca e Elisa
L’Amore mi ha protetto
da Mangiafuoco!
l mio nome è Marisa, ho 52 anni e sono in cammino verso la consacrazione nell’Ordo Virginum. Il 14 dicembre 2020 la mia candidatura ha segnato un ulteriore passo avanti nel misterioso cammino della salvezza.
Sin da adolescente, osservando i miei coetanei, ho desiderato un futuro migliore di quello che intuivo, io, vivace, orgogliosa, curiosa, con una gran voglia di vivere e di conoscere il mondo .
Ho lottato per migliorare la mia vita, ho riso giocando con le mie sorelle e le mie amiche, ho pianto nel silenzio del mio cuore la lontananza dalla mia famiglia e dalla mia terra. Ho abbracciato per proteggere, ho gridato il mio desiderio di libertà, mi sono innamorata ed ho sognato l’Amore come Dono Eterno, non accettando compromessi nella mia ricerca del “per sempre”.
Ho temuto di perdermi; ho visto coetanei soffocare nel tunnel oscuro della droga e di altri inganni che i vari Lucignoli offrivano gratuitamente per il primo giro di giostra in questi mostruosi “parchi di divertimento”… e come gioiva Mangiafuoco per ogni vittima catturata…
Ma a proteggermi da Lucignolo e da Mangiafuoco c’era il Tuo Amore e la Tua silenziosa presenza, o Cristo!
Mi hai corteggiata con dolcezza senza mai spaventarmi. Come una dolce brezza marina hai soffiato sul mio cuore ed hai trasformato le mie ferite in feritoie attraversandole con la Tua luce, permettendomi di guardare al futuro senza perdere il contatto col passato.
Parlavi al mio cuore con parole di Speranza… ma ero ancora cieca e sorda… eppure… non ardeva forse in me il cuore mentre mi parlavi??
Istruita da Te seppur con timore, sono entrata nell’intimità del mio cuore ed eri con me. Sei stato mio aiuto, mia luce, mia guida.
In questa intimità dove provo a seguirti, una grave malattia mi fa intuire il peso della Croce, sempre piccola e leggera se guardo alla Tua.
È nel mio “Eccomi” che ho capito che non ti avrei lasciato e soprattutto che non ero e non sono mai stata abbandonata; questa consapevolezza mi porta ad amarti come una sposa ama il suo Sposo.
In Te, il sentirmi amata di un amore eterno ed infinito… Creatore e Creatura insieme nel più dolce dei SI.
Marisa
orenzo ha 25 anni, una laurea in agraria presa a pieni voti su “Nuovi schemi di misure agro-ambientali volontarie”, una proposta di contratto di lavoro, una buona condizione economica… Dal gennaio scorso, pochi giorni dopo la laurea è entrato in Seminario. Ora è a Faenza, dove insieme ad altri 10 giovani di tutta la Romagna, vive l’anno di Propedeutica.
Perché sei entrato in Seminario?
“Ho certamente sempre amato le cose che ho fatto finora, e mi hanno dato soddisfazione, ma è come se cercassi sempre qualcosa di più, qualcosa che riempisse il mio cuore, il voler dare un senso pieno a tutto quel che facevo, il desiderio insomma di spendere al meglio la mia vita, di essere felice fino in fondo…”
C’è un momento particolare dove questo desiderio ha iniziato ad emergere?
“Credo che siano numerosi i momenti dove avverti qualcosa, ma certamente forte è stato il pellegrinaggio dei giovani vissuto con il Vescovo in Terra Santa. Per tutti noi è stata una esperienza spirituale profonda e di grande impatto. Il trovarci nella terra di Gesù, nei luoghi che il Vangelo racconta, i contenuti proposti, il condividere quell’esperienza insieme a ragazzi e ragazze della tua età… tutto questo ti segna la vita”.
Lorenzo da qualche anno è fortemente impegnato nella parrocchia di San Salvatore, dove ha ricoperto i ruoli, prima di catechista, poi di educatore e negli ultimi tempi di economo ed animatore della comunità.
“Il mio servizio parrocchiale è cresciuto negli anni. La Comunità mi ha dato fiducia, spazio, responsabilità e questo mi ha fatto crescere. Amavo le cose che facevo, la mia chiesa romanica, la sua storia, la sua comunità, i ragazzi che mi erano affidati… La parrocchia mi è sempre stata vicina, come la fede della mia nonna, dei miei genitori. Ma tutto ciò non mi bastava. Sono così cresciuto nella consapevolezza che forse il Signore mi chiedeva qualcosa in più e questa coscienza è aumentata pian piano, quasi automaticamente.”
È stato difficile comunicare questa scelta?
“Forse più nella mia testa che nella realtà, perché intorno ho sentito subito una gran spirito di festa: genitori, amici e amiche universitarie e della comunità, tutta la parrocchia. Ed è proprio la cosa che mi è costata di più, pian piano lasciare quell’ambito che mi ha visto crescere, è stato un po’ come lasciare casa mia, dove sono stato educato a sentirmi un po’ responsabile della mia comunità”.
Adesso sei a Faenza…
“Dove vivrò un tempo di propedeutica, nel Seminario insieme ad un gruppo di giovani che si preparano alla teologia (nella foto con il rettore). Facciamo vita comunitaria, preghiera, studio, un po’ di pastorale, con delle belle serate di festa insieme. È iniziato il tempo della verifica”.