Nataliya Basarab fa la mediatrice interculturale e gestisce un centro culturale che si chiama ‘Krok’ (il passo), aperto tutti i sabati in collaborazione con la casa interculturale di Rimini. “Ci sono molti bambini che si sono rifugiati in Italia a causa della guerra. Ci sono anche bimbi nati in Italia da genitori rifugiati”, spiega. Obiettivo del club è “trasmettere ai bambini la vera cultura ucraina, ma anche farla conoscere agli italiani: abbiamo alcuni corsi aperti a tutti, dedicati alla cucina dei piatti tipici, laboratori manuali di arti tradizionali, come quelli per la creazione di bambole di stoffa o per decorare le uova, laboratori musicali. Attività aperte anche ai grandi e anche agli italiani”.
Nataliya è arrivata a Rimini nel 2000, qualche anno dopo l’ha raggiunta l figlia Tania, che adesso vive a Bologna. A Rimini Nataliya ha ritrovato l’amore. Abita a San Giuliano con il suo Vittorio, che ha sposato nel 2009.
“Dal 2007 Nataliya fa la mediatrice culturale. “Ho preso il diploma grazie a un progetto della Comunità Europea”. Accompagna le persone di lingua russa e ucraina ai vari colloqui necessari nel loro percorso di integrazione a Rimini. “Li accompagno in tribunale, alla Caritas, li aiuto con un sostegno linguistico, nell’inserimento scolastico. Un bambino, per esempio, quando non sente la sua lingua non vede più la sua casa e le maestre vorrebbero aiutarlo ma non sanno come. Qui entro in gioco io”.
Ma ad avere bisogno sono soprattutto i grandi. “Per gli ucraini l’impatto con la burocrazia italiana non è semplice. Mi fa piacere dare una mano in tal senso. Io quando sono arrivata 23 anni fa ho dovuto fare tutto da sola, ho dovuto scoprire come muovermi in tante situazioni, con la tessera sanitaria, con l’agenzia delle entrate, ecc.”.
Nataliya, quando necessario, fa la mediatrice anche in carcere, “quando c’è un detenuto ucraino o russo e hanno bisogno di spiegare loro un po’ di cose”.
Com’è attualmente la situazione dei profughi ucraini a Rimini? “Sono quasi tutti rientrati, perché ormai la guerra si è stabilizzata lungo il confine orientale. Solo un dieci per cento ha deciso di rimanere in Italia”, spiega. “Alcuni sono rimasti perché preferiscono far finire la scuola ai bambini. Altri hanno realizzato che la situazione da loro è grave. Quando la guerra finirà ci sarà tanto da fare prima di recuperare una normalità. Non sanno quando il governo ridarà loro la casa. C’è anche chi ha perso una motivazione per tornare. Ha perso le persone care che aveva lasciato in Ucraina”.