Natalità. Ebbene, già è stato un grande risultato passare dall’idea della natalità come questione solo dell’Istat alla natalità come questione economica e culturale di tutto il Paese. Ogni giorno c’è un articolo su un giornale. Certo però occorre anche dire che per fare politiche per la natalità impattanti bisogna togliere risorse alla spesa pubblica attuale e metterle su un capitolo di spesa i cui frutti non si vedranno nel breve periodo. Quindi c’è l’idea di poter avere un ritorno elettorale minore. Tutti i politici – destra e sinistra – sembrano preoccupati più alla loro rielezione che non a cambiare il Paese. Un secondo aspetto è che diamo per scontato la famiglia in Italia. Per la natalità noi ancora le crepe sul muro non le vediamo, forse al Sud dove si sta creando spopolamento, ci sono dei paesini abbandonati e tra poco non ci sa sarà più nessuno. Al Nord e al Centro, nelle grandi città si nota di meno, perché è vero che ci sono meno bambini, ma ci sono giovani che vengono dal Sud e dalle piccole città.
Ma se non vediamo le crepe sul muro continuiamo a pensare che il problema si risolva, mentre a un certo punto verrà giù tutto, come una frana quando si tolgono gli alberi. Togli i giovani e crollerà il sistema-Paese.
A me è piaciuta sempre questa metafora: Noè costruiva l’arca quando c’era il sole. Oggi è il momento di fare politiche serie. Un altro motivo, tutto italiano, è tutto ideologico. In Francia dal 1944 tutti insieme hanno introdotto il Quoziente familiare: sono passati i governi, ma è rimasto. In Italia i partiti hanno una visione ideologica della natalità, per cui la questione viene strumentalizzata o banalizzata.
È oggettivo che bisogna creare un sistema fiscale diverso rispetto all’attuale.
La fiscalità è la cartina di tornasole su dove vai a mettere le risorse di un bilancio. Non è fare regalini ad alcuni piuttosto che ad altri. Se faccio pagare meno tasse a chi fa figli, sto dando un segnale politico, culturale. La mia sensazione è che invece andiamo avanti a mode e anche le soluzioni riflettono questo. Noi ci stiamo abituando ad accettare che lo Stato faccia politiche che potrebbe fare Regione o Comune: dallo Stato ci si aspetta una riforma seria, strutturale, mentre ogni anno viene fatto un pezzetto: congedi parentali, decontribuzione per lavoratrici con figli, asili nido… Ma così non si risolve il problema.
Prima di dare asili nido, congedi parentali, fai le fondamenta: fai pagare meno tasse a coloro che hanno figli perché il tempo, le energie, le risorse anche economiche che stanno investendo per i figli sono un valore aggiunto per la collettività, perché i loro figli pagheranno la pensione non solo ai propri genitori, ma anche a chi i figli non li ha potuti o voluti avere. Ed è giusto così. La gente non capisce che la riforma fiscale non è rivolta solo a chi i figli già ce li ha, ma dà una mentalità anche ai giovani perché fa capire dove investe lo Stato. C’è un bene comune che è al di sopra degli interessi particolari.
Gigi De Palo