A Roma nella Galleria Borghese un concerto dedicato alla produzione sacra e profana di Gasparini, in abbinamento a musiche di Arresti
ROMA, 24 novembre 2021 – Ovunque si giri lo sguardo, l’occhio si posa su straordinari capolavori: a destra del grande salone d’ingresso Mariano Rossi, dove si tiene il concerto, troneggia la meravigliosa Paolina Borghese scolpita da Canova, sulla sinistra c’è la sala con i quadri di Caravaggio (ben sei, tra cui la Madonna dei palafrenieri di una bellezza da lasciare storditi). Non sempre si ha la possibilità di ascoltare musiche in una cornice come quella della Galleria Borghese: tutto il resto, così, diventa secondario, compreso un’acustica che non è l’ideale per esaltare gli strumenti antichi.
È il compositore toscano Francesco Gasparini (1661-1727) al centro del progetto di studi ancora in fase di sviluppo, I Borghese e la musica, che indaga sulle committenze della potente famiglia aristocratica romana a musicisti del sei e settecento. Forse non troppo noto, seppure molto prolifico, ma certamente fra i più rappresentativi della sua epoca, Gasparini studiò a Roma, città che – nonostante i numerosi spostamenti – ritorna più volte nella geografia lavorativa del compositore. Nel suo ricchissimo catalogo figurano numerosi brani di musica sacra e un lungo elenco di opere, anche se, per quanto riguarda la musica vocale, i risultati più interessanti li ha forse raggiunti nelle cantate: un vero peccato che non siano abbastanza conosciute, sebbene in qualche modo vi abbia posto rimedio questo concerto.
La serata si è aperta con la prima esecuzione in epoca moderna di una Messa a quattro voci concertata con organo, di cui si ignora la data di composizione, ma che probabilmente risale ai primi anni del settecento. Un brano molto suggestivo e di notevole impatto, dall’andamento quasi teatrale, che i bravi interpreti vocali – ben diretti da Riccardo Martinini – hanno saputo valorizzare. All’epoca si utilizzavano solo cantanti uomini, ma oggi è pressoché impossibile trovare sopranisti e contraltisti che non siano delle star: dunque è stata inclusa nell’organico anche una donna, il soprano Cecilia Alegi, che è andata ad affiancare l’ottimo sopranista Stefano Guadagnini. Li accompagnava, con raffinato gusto stilistico, Guido Morini alla tastiera di un organo positivo.
Dopo la musica sacra, nella seconda parte della serata, si è passati a quella profana. In programma tre cantate: una di Gasparini e due del suo contemporaneo Floriano Arresti (1667-1717), musicista bolognese che si era formato a Roma con Bernardo Pasquini. Ad accomunarli nelle loro biografie non è solo lo stesso periodo storico, ma il legame con la prestigiosa Accademia Filarmonica di Bologna. Interprete delle tre cantate è stata il giovane contralto Antonia Salzano, mentre l’efficace realizzazione del basso continuo era affidata al clavicembalo di Maria Elena Ceccarelli, alla tiorba di un fuoriclasse come Andrea Damiani, ancora all’organo di Morini e al violoncello di Martinini, impegnato pure nel ruolo di concertatore. Sicura ed espressiva, la Salzano ha affrontato i tre brani con dizione nitida, pronuncia scandita, buona capacità di proiettare il suono. E mentre per la cantata di Gasparini (Queste voci dolenti) non si può parlare di novità, per le due di Arresti (Sdegno ed amor in me e Cieli! che cara pena) si è trattato di una prima esecuzione in tempi moderni. Anche se, nel confronto ravvicinato, è al compositore toscano che spetta l’alloro della vittoria.
Per chi volesse, si potrà ascoltare il concerto anche su Radio3 Classica. Peccato, però, che non se ne possa ammirare la cornice.
Giulia Vannoni