Home Attualita Mucillagini 8 luglio 1989: “balneazione impraticabile”

Mucillagini 8 luglio 1989: “balneazione impraticabile”

UN PONTE CON LA STORIA (3) All’inizio dell’estate 1989 le alghe crearono un tappeto melmoso sulle acque della riviera. La notizia ebbe subito eco internazionale e il mercato estero del turismo crollò dell’80 per cento. Ma da lì partì davvero la sfida della destagionalizzazione

Quella sera all’assemblea dei bagnini la tensione si tagliava col coltello, densa come la melma marroncina che aveva invaso le spiagge della riviera. “Ho trovato la soluzione”, urlò entrando l’operatore di Cattolica con un catino pieno di mucillagine. Lo appoggiò sul tavolo e ci versò dentro due chili di sale, che aveva portato in un barattolo. Le alghe precipitarono sul fondo, rendendo limpida l’acqua in superficie. Per qualche secondo le espressioni sui volti dei presenti sembrarono distendersi.

Poi qualcuno chiese: “Quanto sale ci vuole per abbattere tutta la mucillagine che c’è in mare?”.

Domanda, legittima, che rimase senza risposta e che riportò sulle facce i segni della preoccupazione, tanta. Dopo 35 anni lo racconta Giuseppe Chicchi (nella foto), assessore regionale al turismo all’epoca dei fatti, luglio 1989. Ha ripercorso le fasi della vicenda, catastrofica per la riviera, ospite in studio a Un Ponte con la storia, il format televisivo realizzato in collaborazione con IcaroTv, ideato in occasione del lavoro di digitalizzazione dell’archivio storico del Settimanale ilPonte, condotto dal giornalista Maurizio Ceccarini. Tutte le puntate si possono rivedere su IcaroPlay.

Le mucillagini, tornate nelle cronache nelle ultime settimane, “avevano già fatto una breve comparsa nel ferragosto dell’88 per andarsene dopo pochi giorni”, ricorda Simona Mulazzani nella sua scheda. Quando, all’inizio di luglio dell’89, “crearono un interminabile tappeto di poltiglia sulle acque della riviera, qualcuno azzardò previsioni ottimistiche. Entro pochi giorni sarebbero state un ricordo. Le ultime parole famose. La poltiglia marrone rimase per tutto il luglio più nero della storia del turismo romagnolo. Ci volle poco a capire che le dimensioni del fenomeno erano drammatiche.

Il 12 luglio a Regione e Governo era già arrivata la richiesta dello stato di emergenza. Si vagliarono disparate soluzioni: pompe di ossigeno, macchine aspiranti, barriere in acqua. L’unica concreta furono i camion che ogni giorno dalla riva portavano in discarica tonnellate di melma gelatinosa. E intanto, complici anche titoli cubitali sulla stampa tedesca, le disdette arrivavano in massa”.

Ad agosto, le alghe se ne andarono, ma le conseguenze durarono per anni. Citando Silvano Cardellini, nel suo Una botta d’orgoglio,  “tiriamo fuori dal cilindro il turismo della notte, perché non si può star lì a indugiare, alla fine degli anni Ottanta, su quello del sole.

L’Adriatico non è in forma per via delle mucillagini, ci danno per morti. C’è chi arriva a dire che quella poltiglia è la vendetta del Signore per i nostri peccati. Su Rimini, anzi sulla fine di Rimini, si esercitano tutti i giornali. È la rincorsa degli intellettuali a scrivere il Necrologio della Riviera. Meglio distogliere le attenzioni dall’adriatico e puntare sul divertimento. Crolliamo momentaneamente sul mare, risorgiamo sui cubi delle discoteche. Perdiamo punti sui mercati esteri, dove pure eravamo qualcuno, dalla Svezia all’Inghilterra, dalla Germania alla Finlandia, ma dove troviamo nuove praterie. A est diventiamo la porta della Russia in Italia”.

Nonostante il 1989 sia ormai lontano, ogni volta che una strana chiazza ricompare in Adriatico, “l’ombra dell’estate delle mucillagini riemerge sempre nella memoria di chi c’era”.  Un po’ come sta riaccadendo proprio in questi giorni, in cui si ripetono gli avvistamenti di alghe melmose.

8 luglio 1989: “La balneazione dell’Adriatico è oggettivamente impraticabile”

La notizia ebbe subito eco internazionale. “Avendo pubblicato tre giorni prima il bollettino Daphne, che aveva dichiarato il mare perfettamente balneabile, fummo colti di sorpresa dalla mucillagine tre giorni dopo”, ricorda Chicchi. Ci fu subito un vertice tra amministratori, a Ravenna. Si decise di far uscire un supplemento del bollettino. Diceva testualmente così: oggi 8 luglio la balneazione dell’Adriatico è oggettivamente impraticabile. Si può capire il peso di quelle quattro parole, ma in qualche modo quel peso ci salvò. Pochi giorni dopo, verso la metà di luglio, arrivò una mareggiata potente che pulì il mare e noi potemmo uscire con un nuovo bollettino che disse: il mare è tornato balneabile. Il fatto di essere stati sinceri l’8, ci rese credibili. La stagione estiva ebbe un piccolo sussulto positivo in agosto. Naturalmente il mercato estero per l’80% fu perduto”.

Pesarono molto quei titoli della stampa tedesca

“Naturalmente. Ma giustamente. Non può essere considerato un difetto di quella stampa: era oggettivo. Un mio amico che vive a New York mi telefonò perché aveva visto alla televisione americana, la Cnn, le immagini. Scattò un processo a due fasi. La prima era l’emergenza: come facciamo a recuperare la stagione dell’anno prossimo?

Naturalmente, nel 1990 le alghe non c’erano. Ma quel fenomeno si conosceva poco e non c’erano risposte immediate. Il Governo stanziò qualche miliardo, mi pare una ventina, con i quali furono poizionate a 500 metridalla riva delle panne galleggianti, che vengono usate quando c’è uno sversamento di petrolio in mare. Naturalmente non servivano a niente. A differenza del petrolio, che galleggia, la mucillagine nasce dal fondo del mare e passa sotto. Era un’operazione di marketing, dovevamo dimostrare che non eravamo inermi di fronte a un fenomeno di quelle dimensioni. Passammo l’inverno in giro per le fiere di tutta Europa”. E così “in qualche modo salvammo la stagione del 1990”.

Con le mucillagini, nasce l’idea di destagionalizzare

Sia l’emergenza del luglio 1989, sia la necessità di reinventare l’offerta dopo il boom degli anni ruggenti, diedero una spinta.

“Si capì che quella crisi, al di là del dramma che comportava, doveva e poteva diventare l’avvio di un nuovo ciclo. Naturalmente ciò doveva essere accompagnato da politiche pubbliche conformi a questo obiettivo, costruendo attività legislative che favorissero i processi di sviluppo qualitativo del sistema turistico, ancora largamente legato alla pensioncina. La cosa funzionò. Circa 300 alberghi uscirono dal mercato, diventando residenze prevalentemente, perché non avevano più spazi per qualificarsi. Progressivamente 200, poi 250, poi 300 alberghi, invece, divennero annuali, grazie a queste politiche, ma anche, parlo prevalentemente di Rimini, che è forse la città che ha destagionalizzato di più, grazie alla Fiera, al Palazzo dei Congressi, al Palazzo dello Sport, al porto turistico, alle infrastrutture. Il capitale sociale della città consentì di sviluppare questo ampliarsi della stagione turistica”.