Nel percorso artistico di Joseph Mallord William Turner (1775-1851) c’è tutta la tensione di una rappresentazione che sfida le regole della convenzione, procedendo con unicità verso la modernità. A Turner è dedicato il bellissimo film scritto e diretto da Mike Leigh che racconta il pittore inserendolo nella società britannica, “fotografata” in un tempo di grandi successi per l’arte ma soprattutto in un’era di grandi trasformazioni tecnologiche. Non a caso alle amate tempeste e ai paesaggi si sostituisce pian piano l’irrompere della novità del vapore, della velocità (il suo quadro più celebre, conservato alla National Gallery) che Turner, fine osservatore del mondo che lo circonda, rappresenta in un ardore creativo innovativo, lodato ma anche bistrattato nell’ultima fase, quella meno compresa dai contemporanei (compresa la giovane Regina Vittoria e il consorte Albert) che non gli perdonarono le originali novità stilistiche.
Ritratto corposo di un artista, nello studio e nel privato, nel rapporto con pittori e accademici e con la buona gente, in mezzo a colori, pennelli, tavolozze, in tensione continua per rendere sulla tela il senso di un reale che non si accontentava più dell’elegante procedura formale che dominava la scena artistica.
Turner è esploratore “fisico” (numerosi i viaggi raccontati nel film alla ricerca di soggetti per i suoi quadri) e “mentale” dato che ogni suo dipinto è un’esperienza, un percorso, il tutto ammantato nella “sua” luce (le sue ultime parole furono “The Sun is God”, “il Sole è Dio”).
Timothy Spall (premiato al Festival di Cannes come miglior interprete) con la sua debordante presenza fisica, i grugniti e la capacità di penetrare a fondo la figura dell’artista, incarna mirabilmente il percorso di Turner.
Il Cinecittà di Paolo Pagliarani