La sonnacchiosa cittadina americana di Centerville è sconvolta da un’invasione di zombies che spuntano dal terreno del cimitero, come vuole la tradizione e i morti viventi si eliminano “uccidendogli la testa”.
Il nuovo film di Jim Jarmush è uno spiritoso esercizio parodistico del genere “morti viventi” e non aggiunge certo nulla di nuovo all’abbondante materiale esistente: qui si cita a destra e manca, la vasta cinematografia (e letteratura) horror emerge in ogni angolo del film, con omaggi indispensabili a George Romero che sugli zombies ha costruito un sistema narrativo articolato in più episodi.
Ma se superate gli aspetti grotteschi, gli spunti deliranti e lo stile tra l’indipendente e il debordante (vedi il personaggio della becchina buddista interpretato da Tilda Swinton) scoprirete che, sotto sotto, per Jarmush “andrà a finire male” come del resto ripete spasmodicamente il giovane agente di polizia Adam Driver, spalleggiato dal veterano Bill Murray, incredulo di fronte ad eventi soprannaturali finché non tocca con mano l’inquietante presenza nella piccola città. Andrà a finire male perché ce la siamo cercata, visto che la causa di tutti quei “corpi a spasso” è lo scompenso terrestre dovuto al clima e uomini e bestie non possono sottrarsi alla devastante successione degli eventi.
Chi si salva? Non certo i giovani hipster di città (come la starlette Selena Gomez), neanche gli individui più arroganti e razzisti come il fattore Steve Buscemi che crede nell’America rigorosamente white, ma neanche neri e nerd. Sta a vedere che il mondo resterà in mano ai folli solitari come l’eremita “silvano” Tom Waits, ai giovani presunti colpevoli detenuti in un penitenziario minorile o agli “alieni”. Per Jarmush la natura ha già intonato il de profundis e la razza umana ha smarrito da tempo la via.