Una guerra non dichiarata che in un anno vede scomparire circa cinquemila persone. Un “paese”. Tante sono le vittime delle strade italiane, 300mila i feriti e oltre 20mila le persone alle quali l’incidente ha causato una disabilità grave. Il Parlamento europeo ha chiesto all’Italia di ridurre del 40% in dieci anni questi numeri. L’Emilia Romagna, secondo una recente indagine condotta dalla Camera di Commercio di Milano, è la terza regione europea per decessi sull’asfalto. Anche se i numeri sono in calo. In questa regione, infatti, nel 2010 gli incidenti sono stati 20.147, 264 in meno del 2009, con un bilancio di 401 morti (21 in meno) e 27.995 feriti (40 in meno). La provincia di Rimini, nello stesso anno, di incidenti ne ha contati 2.250, di morti 23. Dall’inizio dell’anno in corso, invece, le vittime sono 16 (219 a livello regionale).
Dopo ogni incidente grave, inizia un doloroso ed estenuante iter legale che dovrebbe portare alla individuazione delle responsabilità, alla punizione dei responsabili con pene commisurate alla gravità dei loro reati, e ad assicurare alle vittime o ai loro familiari un risarcimento equo. Anche in questo campo, secondo l’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada (Aifvs), “l’Italia si distingue negativamente dal resto d’Europa, con una giustizia lenta ed approssimativa, che calpesta continuamente la dignità dell’uomo e quei valori che la nostra costituzione dovrebbe tutelare”. Perché i problemi della sicurezza stradale e della giustizia “riguardano tutti, nessuno escluso!” è il messaggio di questa realtà che da anni combatte per denunciare e combattere nei limiti del possibile la strage.
Abbiamo chiesto le priorità a livello sia di prevenzione che di recupero delle persone rimaste gravemente lese in seguito ad un incidente stradale al responsabile per il territorio riminese dell’Aifvs, Giuseppe Raduano, che è anche presidente di un’altra associazione, Pu.Ri. (Punto Riferimento familiari e vittime) nata a Savignano per sensibilizzare sulle stesse tematiche.
Raduano, qual è la principale priorità da affrontare per debellare questa piaga?
“Il discorso di raggiungere l’obiettivo del calo degli incidenti e dei decessi attraverso l’applicazione di sanzioni più pesanti, in realtà è solo parziale. Il rischio poi è di passare da un estremo all’altro. È importante che la pena sia certa e applicata seriamente, ma è ancora più necessario un cambiamento di tipo culturale e morale. Tante persone vanno in giro con assicurazioni o patenti false, molte strade fanno pietà. Sembra che ormai tutto sia diventato lecito”.
Si spieghi meglio…
“Penso alle numerose persone che passano anche col semaforo rosso: molte sono mamme con bambino al seguito. Quale tipo di educazione possono trasmettere ai loro figli? Ma penso anche a tutti coloro che perdono la vita a causa di un incidente provocato dal conducente. Sono un terzo delle vittime totali: familiari, amici, figli… Se chi è alla guida riflettesse sulla responsabilità che ha verso chi porta in auto o in moto con sé, lo scenario potrebbe migliorare”.
Una presa di coscienza dunque, ma da tempo le sue associazioni si battono anche contro la cattiva condizione delle strade. È così?
“Il 40 per cento degli incidenti mortali deriva dalle condizioni pessime delle strade. Per i motociclisti, in particolare, sono pericolosissimi i pali posti di fianco alle carreggiate. Una ghigliottina. Noi dell’associazione Pu.Ri. questo problema lo denunciamo da tempo con tanto di foto. E proprio per questo, in Romagna soprattutto, siamo considerati scomodi. Per salvare l’immagine molto spesso il valore della vita viene messo sotto i piedi”.
L’altro 60 per cento di responsabilità, invece, da dove deriva?
“Sfatiamo subito un mito: alcol ed alta velocità non sono la prima causa di morte. La prima causa è la distrazione, spesso alimentata da quei grandi cartelloni pubblicitari posti in prossimità di incroci e rotatorie, luoghi dove non dovrebbero essere. Un autovelox fa subito parlare, in questo caso invece nessuno dice niente”.
Nel Riminese, quali sono le strade più critiche secondo il vostro osservatorio?
“Via San Vito e la vecchia Emilia: strettissima, a doppio senso, piena di buche e percorsa da un alto numero di camion che lì non dovrebbero neanche passare. Anche qui nessuno controlla”.
Quali soluzioni proponete?
“Un collaudatore delle strade che operi periodicamente le dovute manutenzioni. La Cassazione nelle sue ultime sentenze lo dice chiaro e tondo: quando una strada è pericolosa, l’ente deve intervenire prima che sia troppo tardi. Come Pu.Ri., inoltre, da anni promuoviamo l’utilizzo del codice Ice (In Case of Emergency): ognuno può scrivere Ice prima del numero della persona da chiamare in caso di emergenza sulla rubrica del proprio telefonino cellulare. Un gesto che può salvare la vita”.
I familiari delle vittime, così come i superstiti di un incidente, trovano oggi un adeguato sostegno?
“No. Le vittime e i feriti diventano numeri aggregati e nessuno si chiede cosa avvenga dopo. Ci accusano di essere rimasti traumatizzati. In realtà è un dramma che può succedere a tutti, nell’incoscienza generale”.
Alessandra Leardini