Maxine Fallon è una studentessa. I suoi libri sono rimasti chiusi nel crollo della scuola, a Port-au-Prince, un drammatico “appello” che ha coinvolto anche compagni e professori. Lei, Maxine, è stata costretta per sei giorni ad affrontare l’esame più difficile della sua giovane vita, senza acqua, l’aria ridotta ad un refolo e con le gambe schiacciate. Maxine non si è data per vinta, nonostante il buio, la solitudine e il dolore per tutte quelle vite perdute accanto a lei. è riuscita trovando la forza chissà dove a lanciare un sms, e quel debole trillo le ha salvato la vita.
Intrapollato come un topo tra le rovine dell’Università della capitale haitiana. Carlos Peralta per 13 lunghissime ore ha fatto i conti con la disperazione. “Ho cercato di uccidermi – ha confessato – ma non ho trovato nessun oggetto tagliente” ed è uscito come un novello Dante a riveder le stelle.
Maxine e Carlos non sono gli unici sopravvissuti che ora respirano vita a pieni polmoni dall’inferno di Port-au-Prince.
L’apocalisse di Haiti è la più grande catastrofe mai affrontata dall’Onu, una forza cieca alla quale in queste ore si sta sostituendo – in modo altrettanto terribile – la furia di una folla disperata e affamata, capace di una ferocia che obbedisce solo ad una legge che non ha nulla di umano, quella del più forte. Gli sciacalli che rubano e arraffano, e la gente che massacra a bastonate, sono le due facce dell’anarchia che sembra far proseguire in quella martoriata i violenti sussulti della terra.
Per giunta, soccorsi e soccorritori – frutto di una reazione visceralmente globalizzata – hanno ingolfato il porto e il cielo della capitale haitiana, contribuendo in maniera paradossale ad aumentare l’inerzia.
Devastazione, rovina e morte non sono però l’ultima parola. In fondo al tunnel c’è la luce. I bambini dagli occhioni grandi come agnelli che cercano risposte e affetti, le squadre che ancora graffiano per strappare vite alle macerie, la donna di 25 anni che ha partorito grazie all’aiuto di un giornalista della “Abc news”, i medici che operano, i figli appena nati che strillano al cielo il loro esserci. Tante fiammelle che ad ogni ora, di ogni giorno, da una settimana accendono la luce della vita in faccia all’annichilimento. La morte non può vincere: “Ora siamo in un tunnel buio. – ha scritto la responsabile Avsi a Port-au-Prince, Fiammetta Cappellini – Ma sentiamo, nel cuore, che siamo fatti per la vita”.
Paolo Guiducci