Domenica 17 maggio. Per essere la giornata delle comunicazioni sociali non è proprio la data più felice. Se si vuole comunicare qualcosa non si sceglie un periodo in cui la comunità è in tutt’altre cose affaccendata, come cresime, comunioni e matrimoni. Ma così vanno le cose. Andiamo avanti fra mille contraddizioni. Oggi, si dice, siamo molto attenti alla comunicazione, perché sappiamo molto bene il valore che ha. Eppure negli anni ’50 (mica ieri) le parrocchie avevano tutte una sala per il cinema, tutte un giornalino, tutte la compagnia teatrale, gruppi di cineforum… Oggi le sale di comunità (spazi multifunzionali) si contano in due palmi di mano, i giornalini sono alla canna del gas, tutti favoleggiano internet, ma poi se vai a vedere i numeri ti accorgi che quelli che usano la Rete non sono tanto interessati ai tuoi messaggi. Per anni ho fatto corsi per operatori pastorali sulla comunicazione. Bravi e intrepidi, ma sempre uno sparuto gruppo rispetto a quelli interessati alla liturgia e alla catechesi. La cultura e la comunicazione, “si sa che sono importanti, ma in parrocchia c’è troppo da fare, perché si debba pensare anche a quello”. I laici sono sempre impegnatissimi nella carità, in favore delle missioni o dei più poveri, ma non chiedere loro di studiare o di informarsi per imparare ad esprimere un giudizio evangelico sui fatti che accadono. C’è tanto da fare… Preti disponibili, ma oberati e impotenti nel coinvolgere i fedeli in un impegno missionario che è quello che passa anche attraverso la cultura e la buona comunicazione. Cosa vuol dire il Papa quando ci invita ad uscire dal recinto, ad andare a cercare le 99 pecore che si sono perdute, a fare dell’annunciare a tutti il cuore del nostro vivere la fede? Con quali strumenti lo faremo? La cultura e la comunicazione non sono forse la piazza pubblica dove si può dialogare, confrontarsi, testimoniare ciò che si vive anche a chi ancora è in ricerca o non crede? La Diocesi per anni si è impegnata nel sostenere i suoi media e ha fatto dell’esperienza riminese una realtà pilota che molti studiano, a volte copiano. Gli esperti dicono che il futuro della comunicazione giornalistica sta nella sintesi fra i diversi strumenti (carta, video, rete). Ai cultori innamoratissimi dei nuovi media la storia insegna che ogni novità non ha mai cancellato, ma anzi valorizzato le specifiche dei precedenti. Ma quanto stiamo facendo, come comunità cristiana riminese tutta intera, per salvare questo patrimonio? Le cose che ho da dire e raccontare sarebbero tante. Se i lettori me lo chiederanno, sarò ben contento di continuare con loro questa riflessione. (gtonelli@ilponte.com)