Le Chiese d’Europa (non solo cattolica) compatte nel dire che la via per l’integrazione e la convivenza pacifica tra le religioni non passa attraverso leggi che impediscono la libertà di culto. È quanto si evince dai commenti che si sono avvicendati subito dopo il risultato del referendum che ha decretato con una netta maggioranza domenica 29 novembre in Svizzera il divieto di edificazione di nuovi minareti. Dal Vaticano all’Italia, alla Svizzera: secondo i vescovi il risultato della consultazione referendaria rappresenta “un duro colpo alla libertà religiosa e all’integrazione”.
Il voto comporterà la modifica dell’articolo 72 della Costituzione, che regola i rapporti fra lo Stato e le confessioni religiose: il divieto della costruzione dei minareti verrà inserito come una misura “atta a mantenere la pace fra i membri delle diverse comunità religiose”.
Il commento “ufficiale” è affidato a Walter Müller, incaricato per la comunicazione della Conferenza episcopale svizzera. Per i vescovi, il risultato referendario “rappresenta un ostacolo e una grande sfida per il percorso di integrazione attraverso il dialogo e il rispetto reciproco. Non si è riusciti a dimostrare in maniera evidente al popolo che il divieto di costruzione dei minareti non contribuisce ad una sana convivenza di religioni e culture. Al contrario la deteriora. La campagna elettorale, con le sue esagerazioni e le sue caricature, ha mostrato che la pace religiosa non va da sé e deve essere sempre difesa”. “Il sì all’iniziativa – prosegue la nota – aumenta i problemi di convivenza tra le religioni e le culture”.
“Quelli che sostenevano il referendum – ha dichiarato il segretario generale della conferenza episcopale svizzera, mons. Felix Gmür - dicono che la religione deve essere una cosa privata; ognuno può pregare dove vuole, ma non in luoghi pubblici. Nello stesso tempo si dicono cristiani, ma per un cristiano il culto non può essere solo un fatto privato. Su questo – ha affermato – occorre aprire un dibattito che faccia chiarezza perché la società è disorientata, c’è una contraddizione in tutte le società europee, come dimostra la questione aperta sui crocifissi in Italia”.