Nel corso della ‘Messa dei Popoli’, il Vescovo Francesco Lambiasi ha svolto una breve riflessione sulla situazione e le prospettive dei migranti a Rimini. Ne riportiamo i passaggi più salienti.
Oggi l’immigrazione è diventata nel nostro Paese un fenomeno sorprendente nel suo incremento, anche se negli ultimi anni il fenomeno si è fermato. All’inizio del 2016 il numero aveva superato i 5 milioni, con una incidenza sulla popolazione totale pari all’8,3%. La percentuale degli stranieri sul totale della popolazione del Comune di Rimini è del 12,8%. In pari data la percentuale era del 10,8% sul totale della popolazione della Provincia. Sono numeri di volti, di persone, di storie, di vite.
Di fronte a questa situazione non possiamo limitarci a risposte prefabbricate, ma dobbiamo affrontarla con realismo e intelligenza, con creatività e audacia, e, al tempo stesso, con prudenza, evitando soluzioni semplicistiche. Riconosciamo che esistono dei limiti nell’accoglienza. Al di là di quelli dettati purtroppo dall’egoismo, dall’individualismo di chi si rinchiude nel proprio benessere, da una economia e da una politica che non riconosce la persona nella sua integralità, esistono limiti imposti da una reale possibilità di offrire condizioni abitative, di lavoro e di vita dignitose.
Occorre progettare un percorso praticabile che permetta di non lasciarsi vincere dalle nostre paure e dai nostri pregiudizi, perché non sia la paura a condizionare le scelte, a compromettere il rispetto e la generosità, ad alimentare l’odio e il rifiuto. Un percorso possibile si potrebbe strutturare in tre passaggi.
Il primo è il passaggio dalla paura all’incontro. Le paure si possono vincere solo nell’incontro con l’altro e nell’intrecciare una relazione. Si tratta di riconoscere l’altro nella sua singolarità, dignità, valore umano inestimabile, di accettarne la libertà; significa riconoscere la sua peculiarità (di sesso, di età, di religione, di cultura,…) e desiderare di fargli posto, di accettarlo.
Il secondo passaggio va dall’incontro alla relazione. Non basta la conoscenza dell’altro: occorre un dialogo per modificare i pregiudizi, per riflettere sui nostri condizionamenti culturali, storici, psicologici, sociologici.
Il terzo è il passaggio dalla relazione all’integrazione. è questo il passaggio più difficile. L’integrazione è un processo che non assimila, non omologa, ma riconosce e valorizza le differenze; che ha come obiettivo la formazione di società plurali in cui vi è riconoscimento dei diritti, in cui è permessa la partecipazione attiva di tutti alla vita economica, produttiva, sociale, culturale e politica, avviando processi di cittadinanza e non soltanto di mera ospitalità.
La civiltà ha fatto il passo decisivo il giorno in cui lo straniero, da nemico (hostis) è divenuto ospite (hospes), per passare dall’ostilità all’ospitalità.