Una volta accaparrato l’affare ci si può trovare di fronte a un prezioso orologio Patek Philippe, oppure a una sfavillante utilitaria e sentirsi dire dalla propria figlia: “Ma babbo, manca il volante!”. Bando alle sottigliezze: l’asta è l’asta, un grande bazar al chiuso nel quale “l’occasione c’è sempre, ma bisogna avere un po’ di pazienza e di fortuna”, come svela l’addetto Alessandro, forte della sua esperienza tra offerte e rilanci all’ultimo euro.
L’asta giudiziaria riminese, in via Clodia, è l’unica della provincia: uno stanzone profondo, colmo di quadri, macchine, mobili, strumenti musicali e gioielli. Tutti frutti di pignoramenti civili, corpi di reato confiscati nei procedimenti penali e sequestri da parte d’Equitalia, incaricata dell’attività di riscossione nazionale dei tributi. “Il ricavato delle vendite dei beni andrà ai creditori in occasione di cause civili, oppure allo Stato tramite la tesoreria del tribunale per quanto riguarda il settore penale”, spiega Alessandro, che aggiunge: “Qui può succedere di tutto. Vendere per 200 euro i rottami di un’auto a un carrozziere, oppure una Lamborghini con il suo prezzo originale dimezzato. Per tutti, comunque, il bene che va da sempre per la maggiore, crisi o non crisi, è l’automobile”.
Gli acquirenti d’asta si dividono in due fasce. Nella prima c’è chi va in cerca dell’offerta più popolare: televisioni, divani, motorini, utilitarie. Tra questi, in prima fila, ci sono gli stranieri, frequentatori assidui che prima di concludere l’affare effettuano numerosi sopralluoghi per visionare la merce, senza mai prescindere da un tentativo di contrattazione. Tutto inutile: l’asta è l’asta e il prezzo deciso non può essere cambiato.
Dall’altra parte, invece, esiste una specie diversa: facoltosi “cani da tartufo” con il fiuto per l’affare, pronti ad aprire il portafoglio per rarità o beni inerenti il loro lavoro. Un salto di qualità, insomma, dove però il gioco deve valere la candela; ciò succede per auto d’epoca, mobili antichi, preziosi di un certo valore. “Per tanti il vero obiettivo sono i beni di lusso – continua Alessandro -. Basti pensare al Patek Philippe venduto a un fiorentino per 16.500 euro, pochi giorni fa. Il pubblico con una certa disponibilità economica arriva infatti attirato dal plus valore che regala l’unicità di un determinato bene; ed è proprio in questo caso che l’acquisto diventa irrazionale e l’offerta sale pur di conquistare l’oggetto del desiderio”.
Gli astanti arrivano da tutta Italia, da quando esiste internet come mezzo di pubblicità, infatti “è possibile visionare la merce anche su www.astagiudiziaria.com, una vetrina dove però non si possono acquistare materialmente i beni, ma si possono avere tante informazioni – spiega l’addetto -. E se prima del web l’asta attirava soprattutto il popolo locale, dopo è accaduto che il 70% delle persone provenisse da Romagna e Marche, e il restante da altre parti d’Italia come Lazio, Toscana, Sardegna”. Anche l’età, come la provenienza, non conta: oltre il 50% degli astanti ha più di 40 anni; ma c’è anche l’anziano della zona – che non manca un appuntamento magari senza comprare nulla -, oppure il ragazzino, accompagnato dal padre, alla ricerca di uno scooter.
In periodo di crisi anche la casa d’aste vive i suoi piccoli cambiamenti. “La vera differenza – svela Alessandro – è l’aumento di pignoramenti a carico di ditte insolventi e non solo di privati. Al di là di questo dato, la crisi non ha inciso sull’afflusso di gente o la richiesta di beni, l’andamento è sempre lo stesso, almeno finora. Ovviamente non bisogna dimenticare che di questi tempi l’asta è un bel modo di risparmiare”.
Insomma, per chi ha un po’ di tempo libero e occhio lungo, questo grande mercato delle pulci in versione “coperta” può essere un posto interessante per fare affari d’oro. L’ambiente che si crea diventa piuttosto pittoresco: brusio di sottofondo, schiamazzi, urla. L’affare è dietro l’angolo: bisogna tentare, rilanciare e sperare che il vicino d’asta non sia tanto audace.
Marzia Caserio