È inevitabile affermare che, al giorno d’oggi, i social network siano diventati parte integrante della nostra vita quotidiana: è ormai naturale contattare un conoscente con un messaggio Whatsapp, postare una foto ricordo su Instagram o condividere con gli amici di Facebook i propri pensieri del momento, dedicando una quantità non indifferente del nostro tempo davanti ad uno schermo.
Dopo anni trascorsi a sviluppare algoritmi efficaci per mantenere gli utenti attivi sulle piattaforme il più a lungo possibile, Mark Zuckerberg può dire di aver raggiunto il suo obiettivo. Recentemente, però, l’amministratore delegato di Facebook ha annunciato di avere progetti ben più elaborati e visionari per le proprie applicazioni, che presto non saranno più tre social network ‘satelliti’ (per l’appunto Whatsapp, Facebook e Instagram), ma verranno uniti per dare accesso ad un mondo virtuale in piena regola.
Ciò che Zuckerberg vuole creare è una sua versione del “metaverso”, un concetto di cui finora abbiamo sentito parlare solamente nei romanzi di fantascienza, ma che i maggiori esperti indicano inequivocabilmente come il vero e proprio successore di Internet.
Metaverso. Di cosa si tratta?
Dare una definizione di metaverso risulta piuttosto complicato, ma l’idea che più si avvicina è quella di una tecnologia totalmente immersiva che attraverso l’utilizzo di un visore permette agli utenti di accedere ad un mondo virtuale in tre dimensioni dove, vestendo i panni di un proprio avatar, è possibile portare avanti una vita del tutto simile a quella reale: incontrare gli amici, fare shopping, ballare in discoteca e assistere a concerti sono solo alcune delle opzioni che si possono inserire nella lista di cose da fare all’interno di questa nuova “realtà”.
Anche se l’obiettivo finale della tecnologia del metaverso, che è quello di creare un vero e proprio mondo digitale parallelo a quello fisico raggruppando insieme tutte le realtà virtuali finora sviluppate, risulta ancora molto lontano, alcune aziende stanno già lavorando alla propria versione di metaverso. E, tra queste, c’è proprio Facebook, da poco ribattezzata “Meta” proprio in vista del prossimo futuro della società.
A quale prezzo?
Il mondo virtuale immaginato da Zuckerberg mira ad unire tutte le piattaforme di sua proprietà in un grande social network in 3D. L’introduzione del metaverso renderà semplice come non mai ritrovarsi nella stessa stanza con parenti e amici di ogni parte del mondo e passare del tempo insieme chiacchierando o provando alcune delle tantissime attività rese possibili dalla realtà virtuale, come giocare a carte o sfidarsi in una partita di ping-pong. Le potenzialità di questa nuova tecnologia saranno poi estese anche all’ambito professionale attraverso l’introduzione di sale riunioni digitali e immersive, dove si potrà interagire con i colleghi di lavoro comodamente seduti sul divano di casa.
L’introduzione del metaverso di Facebook avrebbe quindi tutte le carte in regola per rivoluzionare completamente la visione odierna di socialità e di smart working, offrendo una serie di vantaggi che potrebbero rendere la vita più semplice in molte occasioni. Ma, tutto questo, a quale prezzo? Oltre alle problematiche riguardanti la sicurezza digitale, che rendono necessario lo sviluppo di sistemi di controllo ben più rigidi di quelli ora esistenti sul web, il rischio più tangibile che la tecnologia del metaverso presenta ha a che fare con il rapporto tra gli utenti e le piattaforme social.
Al giorno d’oggi, infatti, sono innumerevoli gli studi che mostrano le conseguenze negative di un’esposizione prolungata a Internet (in particolar modo ai social network), che con l’arrivo del metaverso potrebbero assumere proporzioni ben più grandi. La tecnologia immersiva, che permette di entrare a tutti gli effetti nella realtà virtuale, abbattendo la barriera rappresentata dallo schermo, potrebbe aumentare drasticamente i casi di dipendenza dalle applicazioni di Zuckerberg, che già adesso raggiungono livelli da non sottovalutare.
La preoccupazione maggiore è però quella di avere a disposizione una realtà parallela, semplice da raggiungere, dove gli utenti sono in grado di portare avanti una vera e propria seconda vita che, se si dimostra più soddisfacente di quella reale, può gradualmente invogliarli a spendere sempre più tempo al suo interno, fino a dimenticare la realtà fisica.
Il parere dei giovani riminesi
A prima vista potrebbe sembrare uno scenario da film distopico, ma secondo Giacomo, 17enne riminese, le possibilità di diventare reale sono concrete. “Personalmente non ero a conoscenza del progetto di metaverso di Facebook, né del fatto che quest’idea potesse essere effettivamente realizzata: credo però che un’eventuale diffusione di questa tecnologia andrebbe a deteriorare del tutto il modo in cui ci poniamo nei confronti del mondo digitale. Già ora non utilizziamo più i social nel modo in cui erano stati pensati, perché da un mezzo per connettere persone anche distanti sono diventati una via di fuga dalla realtà di tutti i giorni: basta pensare a tutte le volte che siamo troppo concentrati su ciò che stiamo guardando sullo schermo del cellulare per prestare attenzione a ciò che ci succede intorno, oppure alle occasioni in cui passiamo del tempo sulle nostre applicazioni preferite per non pensare a ciò che ci è successo durante una brutta giornata. Credo quindi che, se avessimo a pochi centimetri da noi un portale per immergerci completamente in una realtà diversa, dove possiamo dimenticarci di tutti i problemi della vita reale, in pochi riuscirebbero a staccarsi”.
Proveresti comunque a entrare in questo, per ora ipotetico, metaverso? “Probabilmente accederei una volta per curiosità, perché l’introduzione di una novità di questo tipo sarebbe di sicuro un passo da gigante per l’evoluzione del mondo digitale. Non penso, però, che lo utilizzerei per incontrare i miei amici o conoscere persone nuove: soprattutto dopo la pandemia, ho realizzato quanto abbiamo bisogno di una conversazione a quattr’occhi, di una passeggiata in centro o di un pranzo con i nostri cari, che sono esperienze che non possiamo vivere allo stesso modo davanti ad uno schermo, né tantomeno con un visore sugli occhi impersonando un nostro avatar”.
Giulia Cucchetti