Viviamo in un tempo in cui siamo tutti costretti a ragionare di economia, anche coloro che preferirebbero parlare solo di calcio o di moda. Non siamo degli esperti, ma qualche idea ce la siamo fatta.
Per esempio ci siamo accorti che il governo della nostra nazione è in questo momento altrove (non sappiamo bene dove) e che siamo di fatto costretti a delle scelte dure, durissime, ma forse non ancora definitive. È in fondo ciò che da sempre accade all’Africa. Le grandi multinazionali, ora anche la Cina, fissano le caratteristiche e poi il prezzo delle produzioni agricole, comprano le miniere dove possono estrarre le materie prime, decidono chi governa e alla fine del percorso rivendono a caro prezzo ciò che hanno depredato… È la globalizzazione capitalista, sempre più fallimentare tanto in termini di sostenibilità ambientale quanto in termini di sostenibilità sociale. È la logica della competitività spinta all’estremo (“l’uomo lupo all’uomo”), l’idolatria del mercato (sono sacrificati al nuovo Moloch del denaro milioni di esseri umani) e l’etica centrata su di esso (dando priorità alla merce, al mercato, non alle persone, non alla vita).
La pretesa del neoliberismo di creare un’economia di scambi internazionali che dovrebbero autoregolarsi, è palesemente una bufala, ma continua a provocare danni.
Anche dalle menti più acute e diverse tra loro arriva l’identica condanna al funzionamento del nostro sistema economico. Tre anni fa, l’8 ottobre 2008, le banche centrali mondiali tagliarono il costo del denaro di 50 punti base in seguito al crac Lehman Brothers. Dopo tre anni, non solo non è cambiato niente, ma le cose sono peggiorate. I banchieri, colpevoli prima di aver approfittato della mancanza di regolamentazione nel loro settore, una volta scoppiata la bolla speculativa, hanno fatto ricadere le conseguenze sulle spalle dei risparmiatori. Dopo poco hanno ripreso indisturbati a vendere aria fritta. In America, in Italia (dove invano si cerca di parlare di economia reale e non di finanza), nel mondo. Ma neppure Obama, il presidente della più grande potenza, è riuscito ad obbligarli a nuove regole etiche. Che tutto il meccanismo sia perverso?
Dalla caduta del muro Giovanni Paolo II si è battuto per una nuova etica economica basata sui principi della solidarietà e della condivisione. Il suo testimone è stato ripreso con forza da papa Benedetto. È giunto il tempo che le persone di buona volontà del Nord e del Sud del mondo si mettano insieme per cercare nuove fondamenta comuni, che vadano ben al di là dei principi del mercato. L’alternativa è l’autodistruzione della nostra società.
Giovanni Tonelli