Un consulente commerciale per nuove strategie di «green marketing». Un project Engineer esperto nell’automazione industriale. Un process & project engineer, da inserire in “azienda leader nel settore delle macchine industriali per la lavorazione del legno”. Un tecnico trasfertista capo cantiere per una “impresa di impiantistica industriale automatizzata”. Un responsabile risorse umane, per sviluppare una filiale di un gruppo multinazionale. Sono solo alcuni annunci di figure professionali “bramate” da imprese del territorio, che si possono scovare oggi su LinkedIn, il social network sempre più utilizzato dai “cacciatori di teste”.
Salta all’occhio la vivacità del manifatturiero. Le statistiche indicano una ripresa dell’occupazione. Numerose aziende, in ripresa dopo la crisi, cercano figure qualificate. Peccato che le stesse lamentino di non riuscire a trovare i candidati giusti. I motivi, come ci spiegano alcune aziende riminesi, sono vari: chi esce dalle scuole o dall’università ha una preparazione ancora troppo teorica; molti requisiti richiesti sono dettati dalla nuova Industria 4.0 e digitale, ambito nel quale la formazione mirata è ancora agli inizi; infine, molti giovani che si presentano ad un colloquio non mostrano sufficiente flessibilità mentale, quel “qualcosa che non si impara a scuola, ma dalla famiglia” ci spiega un selezionatore di una delle più grandi aziende della provincia. “Se al colloquio, tra le prime domande, si chiede quanti sono i giorni di ferie o ci si spaventa se ci si deve spostare per alcuni chilometri, si capisce che il candidato non ha passione per il lavoro”.
Il Gruppo Blutec (software e servizi per la gestione risorse umane) ne sa qualcosa di figure introvabili. L’azienda collabora con Università (Campus di Rimini e Cesena), Enaip, Centro per l’Impiego e Confindustria. Oggi cerca informatici esperti nelle applicazioni per le risorse umane e ingegneri (gestionali e ambientali). Figure introvabili. “Bisognerebbe studiare insieme ai vari enti di formazione percorsi formativi più mirati” auspica il titolare, Luciano Vignoli.
Lo ha fatto SCM Group con il progetto Digital Innovation Program che prevede, dopo un’apposita selezione, di reclutare 6-7 giovani informatici ad alto potenziale, ai quali verrà offerta una formazione post laurea di due anni, ma da subito con contratto a tempo indeterminato. “Il mercato degli informatici, ingegneri e diplomati, in Romagna è insufficiente” commenta il direttore industriale Giovanni Negri. “I pochi che escono dall’Università di Bologna, anche dal corso di Scienze informatiche del Polo di Cesena, sono contesi dalle aziende del territorio già prima del conseguimento della laurea”. Carenti, per SCM Group, anche gli ingegneri meccanici, i collaudatori e i tecnici per il service. “Forse – aggiunge Primo Silvestri, direttore di TRE – Tutto Romagna Economia – se i responsabili del personale delle aziende fossero chiamati più spesso nelle nostre università e istituti superiori ad illustrare le figure di cui hanno bisogno, la distanza tra formazione e imprese potrebbe essere minore”.
Il ritornello del “dove sono tutti questi laureati che cercano lavoro?” rimbalza anche dalla Metalstar 2000 di San Salvatore. “Trovare saldatori e figure meccaniche in generale, purtroppo, è quasi impossibile” spiega Federico Cusano. “Stiamo pensando ad un progetto di stage aziendali con le scuole, ore di lezioni pratiche in azienda. Qualcosa di più rispetto a quello che si fa oggi”.
Tre aziende del polo Cattolica-San Giovanni in Marignano – Fom Industrie, MT Marchetti e Universal Pack – anch’esse in ripresa, hanno studiato qualcosa di simile. Un progetto di formazione, selezione ed orientamento nei confronti di 40 diplomandi degli istituti tecnici “Belluzzi-Da Vinci” e “Gobetti-De Gasperi”: da inserire in azienda, affiancati da un tutor, e proiettare nel mondo dell’Industria 4.0, la nuova frontiera in cui convergono meccanica, elettronica ed informatica, che sta creando la necessità di specializzazioni finora impensabili nel mercato del lavoro.
Nel frattempo, la disoccupazione giovanile è ancora alta: 9,1% per Rimini a fine 2016 contro una media regionale del 6,9 e, secondo gli ultimi dati Excelsior Unioncamere, la richiesta di laureati riguarda appena il 10% delle imprese attive a Rimini. “Purtroppo – è l’interpretazione di Primo Silvestri – a Rimini come in Romagna, le imprese di alta tecnologia, in tutti i settori, sono troppo poche. È da qui bisogna ripartire. Con politiche mirate e progetti specifici. Per creare buon lavoro”.
Alessandra Leardini