E siamo ancora a parlare della riforma della scuola. Dopo le prime e nebulose direttive che introducevano – tra le altre cose – al maestro unico e al voto in condotta, arrivano delle schiarite che precisano alcuni fatti lasciati originariamente in sospeso. La preoccupazione per la riforma arriva da più parti, forse perché a prescindere dalle opinioni e dall’introduzione di elementi più o meno positivi, rimane alla base un drastico taglio delle risorse, con un “plausibile” seppur ancora stimato e aleatorio, abbassamento dei livelli didattici. L’equazione (e quelli della scuola sono bravi a farle) è semplice, banale nella sua ovvietà, nella funzione matematica che equilibra il funzionamento della scuola, “meno soldi” equivale semplicemente a “meno scuola”.
Elementi da “riforma”
L’elemento che sino a poco tempo fa veniva genericamente detto “maestro unico”, in questa seconda fase si delinea come “mancata compresenza” di più insegnanti. Questa parte è stata quella più contestata, forse perché a rischio ci sono migliaia di posti di lavoro, forse perché il precariato dell’insegnamento (che da solo ha toccato picchi di 150mila unita in Italia) è una preoccupante costante del nostro paese, forse perché i giovani rischiano di tornare a casa e in massa per lasciare il posto agli insegnanti che hanno maggiore anzianità di servizio. Dall’altra parte ci sono i genitori che alla riduzione delle cattedre associano una riduzione dei livelli della didattica. E dire che la scuola elementare italiana è una delle eccellenze europee, VI in Europa secondo le valutazioni realizzate dall’istituto OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Ora la riforma ne cambierà il volto, ma si tratterà di semplice make up o di un lifting completo?
I tagli ci sono e sono sostanziosi. Si parla nel prossimo triennio di 8 miliardi di euro e 140 mila docenti in meno. Numeri che in vario a modo andranno a toccare gli organici delle scuole di Rimini. Cominciamo con il dire che le fasce scolastiche che verranno interessate in questa prima fase sono le primarie e le secondarie di primo livello, mentre slittano di un anno i tagli previsti per le secondarie di secondo livello.
I numeri
In Provincia di Rimini per l’anno in corso (dati del Csa) sono 1006 gli insegnati di ruolo impiegati nelle primarie, mentre 151 rappresentano la categoria dei supplenti annuali (per 14.291 alunni suddivisi in 697 classi). Per quel che riguarda, invece le secondarie di primo grado gli insegnanti di ruolo scendono a 564, mentre i supplenti annuali salgono a 168 (per 8.333 ragazzi suddivisi in 355 classi).
Cosa rischia questo piccolo esercito?
Intanto è necessario dire, in via del tutto preliminare, che ancora non ci sono notizie rispetto all’organico di diritto necessario. Solo con l’organico stabilito si potranno fare delle valutazioni più precise rispetto ai tagli che investiranno le scuole dei più piccoli.
I sindacati
“Si rischia semplicemente il posto di lavoro – dice con pochi giri di parole Roberto Barbieri, Segretario SLC CGIL di Rimini – soprattutto i precari. Stimiamo che un centinaio in provincia perderanno il lavoro, con i soggetti a minore «anzianità» che rischiano seriamente”. Ancora non è possibile dare dei numeri precisi. Le iscrizioni per il prossimo anno scolastico, infatti si chiuderanno il 28 febbraio, mentre a giorni arriveranno direttive più precise dalla Regione Emilia Romagna rispetto agli organici attribuiti e di conseguenza ai tagli. “Per ora non possiamo fare altro che aspettare. – continua Barbieri – Certo è che si tratta di una riduzione del tempo «scuola» e non solo perché diminuiranno gli insegnanti a fronte di un ugual numero (ma le tendenze di questi anni parlano di numeri crescenti, ndr) di studenti, ma perché la mancanza di compresenza, andrà ad intaccare alcune attività didattiche come le uscite o i progetti particolareggiati”. Ad ogni modo la posizione del sindacato è quella di rivedere i tagli introdotti nell’articolo 66 della legge.
Venti del tutto simili, spirano tra i corridoi della UST CISL di Rimini, dove Enrico Morolli stima dei numeri ancora più negativi dei precedenti. “I dati in mio possesso mi fanno parlare di 87 mila posti a rischio a livello nazionale, 10 mila a livello regionale e dai 200 ai 300 a livello provinciale. Nel nostro sistema scolastico «primario» circa il 40% è composto da precari (dai 150 ai 170 insegnanti)”.In realtà è semplice fare i conti se prima, senza maestro unico, c’erano tre insegnanti ogni due classi, ora verrà a mancare un “mezzo insegnante” a classe. Anche qui si temono come il fuoco le annullate compresenze.
Angela De Rubeis