Anche Rimini è un paese per vecchi. Con 75.848 over 65, la provincia esibisce un 22,44% di “capelli grigi” ovvero due punti percentuale in più della media nazionale (20%).
Il primato spetta per distacco a Casteldelci (32,6%), che si mette alle spalle S. Agata Feltria (27,8%) mentre RImini si ferma al 23,4%.
Gli ultrasessantacinquenni della provincia di Rimini nel dopoguerra erano meno di uno ogni dieci residenti (8%), oggi superano un quinto del totale.
La maggior aspettativa di vita ha un’alta incidenza anche sulla sfera sanitaria. Rimini invecchia, ed è più bisognosa di cure. Come si prospetta la qualità della vita di questa fascia di età? Come la sanità pubblica, ad esempio, risponde alle nuove esigenze di questi pazienti dai “capelli grigi”? La dottoressa Elisabetta Silingardi, direttore del Dipartimento di Cure Primarie di Rimini, risponde ai quesiti.
L’Italia è, dopo il Giappone, il paese più vecchio del mondo. E Rimini ha una media persino più elevata del resto d’Italia di over 65. Anche nella sanità pubblica si riscontra un tale risultato?
“Oggi circa il 50% dei ricoveri ospedalieri è rappresentato da persone over 75 e circa 1/3 degli ultrasettantenni viene dimesso dagli ospedali, al termine del problema acuto, con problemi di locomozione. Tra tutti i fattori relativi all’accesso ai Dipartimenti di Emergenza l’età risulta essere tra i principali determinanti. Soggetti di età inferiore ai 65 anni usano approssimativamente 1/5 di un letto al giorno mentre soggetti di età superiore agli 85 anni usano più di 5 letti al giorno per anno. L’overcrowding e la frammentazione delle cure negli ospedali rappresentano un rischio per i pazienti, soprattutto per i pazienti anziani complessi pluripatologici e politrattati.
Rimini non si discosta da quanto espresso dai dati nazionali e internazionali in quanto su 17.691 ricoveri effettuati nell’anno 2014 il 54.3%, cioè 9.616 ricoveri, riguardano persone over 75”.
Italia un paese per vecchi, dunque. Come cambia la sanità? La sanità pubblica riminese è pronta a una tale sfida?
“La sanità si sta trasformando nell’ottica di fornire una gestione di breve periodo della patologia acuta in ambito ospedaliero e una gestione a lungo termine della patologia cronica in ambito territoriale, anche attraverso una Medicina di iniziativa fondata sulla chiamata attiva del paziente, sull’educazione a corretti stili di vita e all’empowerment del paziente.
La sanità riminese sta sviluppando servizi e modelli in questa direzione. Nelle Case della Salute si stanno sviluppando progetti per la prevenzione attiva, come ad esempio, per citare solo i più noti, gli ambulatori per la gestione integrata delle patologie croniche, in particolare diabete, scompenso cardiaco e BPCO, con un importante contributo anche di altre figure sanitarie non mediche come gli infermieri. I pazienti segnalati dai medici di famiglia vengono chiamati presso il servizio territorialmente più vicino e sottoposti a visita per valutare le loro condizioni, dare indicazioni su stili di vita, su come condurre il monitoraggio della propria patologia e per avviarli, se necessario, a terapie a più alta intensità.
Un’altra esperienza che sta prendendo avvio a livello sperimentale in una Casa della Salute riguarda la costituzione di un registro di pazienti a rischio di ospedalizzazione. Tale data base viene costituito dall’analisi di dati amministrativi elaborati attraverso un progetto regionale in collaborazione con la Jefferson University. Su ogni singolo assistito una èquipe effettua una valutazione e individua possibili strategie per prevenire il ricovero.
Da anni nel territorio riminese è attiva una strettissima e proficua collaborazione tra l’Azienda (prima Ausl di Rimini ora Ausl Romagna), i Comuni della provincia riminese, suddivisi nel distretto di Rimini (che ricomprende Rimini, Bellaria, S.Arcangelo, Verucchio, Poggio Torriana, i comuni dell’Alta Valmarecchia) e nel distretto di Riccione (Riccione, Cattolica, Misano, San Giovanni in Marignano, Coriano, la Valconca), e la rete del volontariato.
Una collaborazione che ha portato, già dieci anni fa, alla creazione della cosiddetta «Mappa delle Fragilità». Si tratta di un vero e proprio data base, aggiornato puntualmente, in cui sono inseriti gli anziani e più in generale le persone con situazioni di fragilità fisica o sociale.
La mappa era nata in occasione di una delle prime «emergenze caldo» estive, ma l’utilizzo è stato poi ampliato a tutte le emergenze bioclimatiche durante l’anno ed estesa anche altre situazioni di intercettazione della fragilità nella popolazione ultrasettantacinquenne.
Personale appositamente formato, contatta periodicamente le persone inserite nel database e attraverso una intervista telefonica strutturata, valuta quale tipo di intervento possa essere di supporto alla persona in condizioni di fragilità. Gli interventi al domicilio possono essere di tipo sanitario o sociale, possono essere anche a bassa soglia e con utilizzo anche operatori del terzo settore. Un percorso grazie al quale, ogni estate, vengono individuate e celermente affrontate diverse situazioni di disagio, e che ha contribuito a prevenire, per fare solo l’esempio più lampante, casi di disidratazione o di scarsa alimentazione in persone anziane che, verosimilmente, senza questa «rete di protezione» sarebbero finite, appunto, in ospedale, forse in gravi condizioni.
Altro progetto «storico» di prevenzione per anziani è il servizio di Telesoccorso – Teleassistenza, che solo in provincia di Rimini viene erogato a migliaia di persone anziane. L’utente viene dotato di un dispositivo con pulsante, da tenere al collo con un apposito collarino, che se premuto attiva una telefonata alla centrale operativa del Telesoccorso dove risponde personale formato che, dialogando in vivavoce con l’utente, valuta la migliore modalità per assisterlo: attivazione immediata del 118 per problemi gravi, avvio di assistenza medica di altro tipo, contatto con i famigliari o altri caregiver dell’utente dei quali il Servizio ha i riferimenti.
La Teleassistenza integra questo approccio con una presa in carico anche più sociale: si aggiungono infatti telefonate periodiche che il personale fa all’assistito per valutare la sua situazione, anche dal punto di vista psicologico (solitudine, senso di abbandono) per evitare che si ingenerino problemi di incuria di se stessi con conseguenze anche sulla salute.
Ma oltre al «prima» esiste anche il «dopo ospedale». Sono frequenti, come previsto in letteratura medica, i casi di utenti anziani che dopo un fatto acuto (es. frattura del femore, scompenso cardiaco, polmonite ecc.) non riescono più ad acquistare la medesima autosufficienza ed è necessario riprogrammare l’organizzazione domiciliare. Per affrontare in maniera sistematica il problema del loro reinserimento dopo il fatto acuto, è attivo da anni il Noa (Nucleo Operativo aziendale per la continuità Assistenziale): un servizio mirato a realizzare per questi pazienti, percorsi di continuità assistenziale che possono concretizzarsi con un periodo transitorio di inserimento presso una lungodegenza, o una Rsa, o attraverso un rientro «protetto» al proprio domicilio. Un approccio che contribuisce, tra l’altro, a prevenire eventuali successive ri-ospedalizzazioni.
A breve-medio termine, con l’implementazione della rete di cure palliative si vorrebbe raggiungere l’obiettivo di gestire ancora di più anche un momento delicato come la terminalità (oncologica e non solo) al domicilio o in setting territoriali più vicini al paziente e alle cure primarie, evitando il più possibile il ricorso improprio all’ospedalizzazione in acuto.
Su quest’ultimo aspetto, così come ad esempio sulla gestione di malattie quali Alzheimer e Parkinson, vi è per di più una stretta collaborazione con le relative Associazioni che ha portato negli anni a sviluppare una rete integrata a sostegno dei pazienti e relativi caregiver”.
Anche il modo di rapportarsi al paziente anziano deve modificarsi. C’è chi parla di arte dell’invecchiamento. Ma secondo alcune società mediche italiane, la sanità pubblica oggi non è pronta a cogliere questa sfida. E Rimini?
“L’anziano sta diventando un interlocutore attivo, consapevole, propositivo. Nelle fasi avanzate di vita ha tuttavia una fragilità intrinseca che può scompensarsi con facilità rispetto all’adulto. Invecchiare bene è un’arte, come è un’arte vivere una buona vita. Un invecchiamento positivo ha buone radici nell’età adulta. La psicogeragogia, intesa come educazione al buon invecchiamento, non può che partire da giovani diversificando i propri interessi, imparando a darsi degli obiettivi graduati e alla propria portata, allenandosi a modificare i propri investimenti in base alle fasi di vita e coltivando interessi e rapporti sociali. In questo senso sono soprattutto esperienze come i Centri sociali, l’Università della terza età, le palestre per la ginnastica dolce, il volontariato attivo, tutte esperienze ben sviluppate nel territorio riminese, che contribuiscono a questo obiettivo”.
Quali sono le patologie più importanti che ci si trova ad affrontare con la terza età?
“Le patologie più importanti della terza età sono in ordine di frequenza: le osteoarticolari, le cardiovascolari, le patologie tumorali. Ma l’impegno più significativo è rappresentato da patologie croniche di lunga durata con elevato rischio di complicanze e riacutizzazioni come il diabete, lo scompenso cardiaco cronico e la BPCO e patologie che comportano un significativo impegno assistenziale e gestionale da parte della famiglia come la Demenza con i frequenti, associati sintomi psico comportamentali. La Demenza peraltro è una malattia età correlata il cui rischio di sviluppo aumenta con l’aumentare dell’età passando da una prevalenza di circa il 10% a 65 anni ad una prevalenza di quasi il 50% negli ultranovantenni”.
Vaccini. Per diversi esperti, la vaccinazione nei “capelli grigi” – a partire da quella più semplice, antinfluenzale – sarebbe molto importante. Persino decisiva. Qual è il suo giudizio in merito?
“La vaccinazione antinfluenzale, pur con i limiti legati all’imprevedibilità delle modifiche che il virus circolante può subire, è sicuramente da consigliare nelle categorie a rischio e questo vale quindi anche per gli anziani, soprattutto se vivono in comunità. E così pure la vaccinazione antipneumococcica per gli anziani che vivono in comunità, in presenza di rischio di malattia invasiva pneumococcica”.
Ha una ricetta per affrontare la terza età in corsia e in ambulatorio?
“L’ospedalizzazione rappresenta un importante fattore di rischio per l’anziano in termini di rischio di infezioni nosocomiali, delirium, perdita rapida delle autonomie personali, sarcopenia. Pertanto è da promuovere una permanenza il più breve possibile in ambito ospedaliero e, qualora indispensabile, è da perseguire la mobilizzazione precoce e la presenza assidua dei familiari per contrastare i rischi sopracitati”.
Paolo Guiducci