“Tutto è partito dal pattinodromo di via Lagomaggio”
Volere, diceva qualcuno, è potere. Magari non sempre, ma se ci si impegna e si lavora duro, spesso le soddisfazioni arrivano. Per conferme chiedere a Matteo Guarise che giovedì scorso, sulla pista del Palaghiaccio di Kaunas, in Lituania, è diventato campione d’Europa di pattinaggio insieme alla sua nuova partner, Lucrezia Beccari.
Guarise, complimenti.
“Grazie mille, finalmente dopo tanti sacrifici è arrivata una medaglia importante”.
Come ci si sente ad essere campioni d’Europa?
“È una sensazione fantastica. Resa ancora più bella dal percorso che mi ha portato fino a qui”.
Dica la verità, un po’ questo oro se lo aspettava?
“Sinceramente le sensazioni erano buone. Arrivavamo da un bronzo e un argento conquistato nelle due prove di coppa del Mondo in Canada e Giappone, avevamo ottenuto il quarto punteggio al Mondo e quindi su una medaglia ci speravo. Abbiamo pattinato un buonissimo programma corto che ci ha portato in terza posizione e avevamo un lungo molto ambizioso. Sapevamo che se lo avessimo portato in fondo senza grosse sbavature, almeno il bronzo era certo. Prima di scendere in pista ho detto a Lucrezia di divertirsi perché quel momento non sarebbe più tornato.
E alla fine, in quell’abbraccio, c’era la consapevolezza di aver fatto molto bene”.
Un oro che è diventato realtà, quando?
“Diciamo che il primo step è stato superare la coppia tedesca che, tra le altre cose, è in testa al ranking mondiale.
Dopo i primi due errori ero certo di aver conquistato una posizione perché lo scarto tra noi e loro era pochissimo. Quando la giuria ci ha messo al collo l’argento ero già felicissimo così poi, però, visto che l’appetito vien mangiando, ho iniziato a crederci.
Soprattutto nel momento in cui ho visto la coppia georgiana sbagliare un salto. La tensione è iniziata a salire perché ero conscio che tra noi e il titolo europeo ci sarebbero stati solo pochi centesimi. Quando ho letto secondo posto per loro, ho provato una gioia immensa”.
Che l’ha ripagata dei tanti sacrifici fatti?
“Dei sacrifici, ma soprattutto anche di tante derisioni di cui sono stato oggetto”.
Ossia?
“Già nel 2010 quando sono passato dai
pattini a rotelle a quelli sul ghiaccio in tanti mi prendevano in giro ‘Ma dove vai?’ ‘Ma cosa pensi di fare?… Poi, un anno e mezzo fa quando Nicole Della Monica mi ha comunicato che voleva smettere, le persone intorno a me erano convinte che anche io avrei appeso i pattini al classico chiodo.
Invece volevo continuare. Ricordo bene chi mi derideva ‘ma a 35 anni credi di essere ancora competitivo?’. La risposta è sì: sonocampione d’Europa”.
Ascolti, se le dico via Lagomaggio lei cosa mi risponde?
“Il mio tutto. Lì sono nato e cresciuto. Lì c’è ancora casa mia. E dalla finestra di quella casa, il pomeriggio, vedevo ragazze e ragazzi muoversi con quelle strane scarpe ai piedi con quattro rotelle. All’età di 4 anni chiesi ai miei genitori di provare. Da lì è iniziata la mia avventura nel mondo dello sport.
Qualche mese dopo Patrick Venerucci e Cristina Pelli (allenatori dello Sport Life, ndr) mi misero accanto Mara De Carolis, pattinammo quattro anni insieme.
Poi mi cambiarono partner, iniziai un progetto con Sara Venerucci con la quale a livello Junior e Senior abbiamo vinto praticamente tutto quello che c’era da vincere”.
Eravate destinati a diventare la coppia più forte di tutti i tempi, invece lei decise di smettere. Perché?
“Ero stanco. Avevo fatto tanti sacrifici.
Nel 2009 ebbi la proposta di entrare a far parte di una nota agenzia di moda per fare il modello e così mi trasferii a Milano. Abitavo vicino al Pala Agorà.
E proprio lì, un giorno, un giornalista, Filippo Ferrari, mi riconobbe e mi chiese se avevo voglia di provare a mettermi i pattini da ghiaccio. In quel momento è partita la mia seconda vita sportiva”.
Titoli italiani, partecipazioni ad Europei, Mondiali, Olimpiadi: quale è stata la soddisfazione più grande e quale la delusione più cocente?
“Parto da quest’ultima, sicuramente il quarto posto a squadre alle Olimpiadi di Sochi, siamo arrivati a un pugno di centesimi da qualcosa che insegue ogni atleta. Tra le soddisfazioni più grandi, oltre a questa naturalmente, c’è la qualificazione alla finalissima del Grand Prix con Nicole: fummo la prima coppia italiana a riuscirvi”.
Ogni vittoria ha una dedica speciale. La sua a chi va?
“A tante persone. A mia moglie Carolina che mi sopporta e supporta, a mio padre Stefano, a mio fratello Eddy, a mia nonna Carla, ai miei allenatori, alla Polizia, a tutte le persone che mi hanno portato fino a qui. E naturalmente alla mia mamma Roberta che mi guarda da lassù in alto”.
Prossimo obiettivo?
“Le Olimpiadi di Cortina 2026. Avrò un paio di anni in più, ma la voglia è tanta. E fino adesso ogni sfida con me stesso l’ho vinta”.