Scrittore, giornalista, editorialista di Avvenire, Giorgio Paolucci(nella foto in basso a sx con Marco Ferrini del Comitato Nazarat) da anni si interessa alla vita delle comunità cristiane d’Oriente e alla loro convivenza con il mondo islamico.
“Propongo un piccolo viaggio attraverso alcune testimonianze che ci insegnano come l’irriducibilità della fede cristiana a qualunque minaccia esterna, nasca dal fatto che Cristo è il tesoro che tiene in piedi la nostra vita” ci dice prima dell’incontro a cui è stato invitato dal comitato Nazarat.
La sala del centro Tarkovskij è attenta, il titolo della serata è di quelli che avvincono: “Sperando contro ogni speranza. Martiri cristiani in Medio Oriente”.
“Nel giro di 50 anni il cristianesimo rischia di estinguersi nella terra in cui è nato. Dove è risuonato il Vangelo, il Vangelo potrebbe tacere, perché i cristiani stanno andandosene”.
Quali sono i numeri?
“In Medio Oriente nel 1914 i cristiani erano il 14,84% e nel 2014, 100 anni dopo, sono arrivati al 4,82. In tutti i paesi di quell’area l’incidenza della popolazione cristiana sta calando, addirittura in Turchia dal 19% è arrivata allo 0,1”.
Le ragioni di tale esodo?
“Emigrano per diversi motivi: se non sei musulmano non puoi accedere a cariche di responsabilità e non puoi intraprendere la carriere istituzionali per diventare magistrato, professore, amministratore. Da questo derivano condizionamenti di tipo economico (un miliziano dell’Isis ha uno stipendio quattro volte maggiore di un soldato dell’esercito), sociale e politico che tagliano le gambe al futuro dei giovani”.
Il Papa non smette di sottolineare la gravità della situazione.
“Papa Francesco più volte ha ribadito quanto i cristiani siano necessari al Medio Oriente, perché hanno sempre rappresentato un ponte, un legame anche fra le diverse confessioni islamiche come sunniti, sciiti, alawiti. Chiede che la comunità internazionale intervenga alle radici del problema: il commercio di armi che fiorisce e arricchisce l’occidente, l’acquisto del petrolio dall’ Isis da parte dei governi che lo combattono. Sono i paradossi di questo dramma”.
Quindi i cristiani sono al centro del dialogo fra religioni e popoli.
“Certamente e infatti, con accento forte, il Papa ricorda la necessità della permanenza dei cristiani in un’area che è come un mosaico. Una studentessa universitaria a Damasco ha raccontato che quando arriva in università da una parte sono seduti i sunniti, da un’altra gli sciiti e da un’altra ancora gli alawiti. Fra loro non si parlano, pur essendo tutti musulmani. Quando arriva lei con i suoi amici cristiani la situazione cambia, stanno tutti insieme, perché apparteniamo a uno stesso popolo, prima ancora di appartenere a religioni o a fedi diverse. È l’umano il vero collante, se scappano i cristiani tutto finisce”.