Home Attualita Martellati a casa e sul lavoro? Difendersi si può

Martellati a casa e sul lavoro? Difendersi si può

Nel 2012, famiglie e imprese italiane hanno lasciato in sospeso pagamenti per quasi 34 miliardi di euro. Una somma (in aumento del 17% rispetto al 2011 e del 48% sul 2010) pari al 78,5% dei 43 miliardi affidati a società di recupero ad hoc da parte di banche, società finanziarie, multiutilities, telecomunicazioni e Pubblica Amministrazione. I risultati dell’ultimo Rapporto di Unirec, l’associazione delle imprese dei servizi a tutela del credito, descrive molto bene uno dei risvolti più preoccupanti della crisi economica.
Con le difficoltà del momento, anche nel Riminese, sempre più famiglie si trovano costrette a ritardare dei pagamenti, finendo in molti casi nel mirino di società di recupero crediti specializzate. Molte di queste adottano atteggiamenti al limite della legalità, come dimostra la storia che vi stiamo per raccontare. Lavoratore autonomo, il signor Antonio (nome di fantasia) tempo fa ha acceso un mutuo per un investimento immobiliare, con una nota banca nazionale, con filiali anche a Rimini. Oggi è in ritardo ma per i pagamenti che avvengono con molto ritardo, oltre ad un fisco molto esoso”.
Imprevedibili le conseguenze. “Nonostante avessi concordato con il direttore un rientro graduale – racconta – in ragione delle entrate attese la banca ha dato mandato ad una società recupero crediti di Napoli di intervenire per ottenere il rientro. Sono iniziate telefonate continue, a casa e sul lavoro, con modalità e toni aggressivi e minacciosi. Uno stress notevole quando già sei in difficoltà perché hai una famiglia da mantenere”.
Per Antonio era diventata “una vera persecuzione. Hanno smesso, non so se per una coincidenza o perché è intervenuta la banca, quando ho detto che stavo registrando la telefonata e l’avrei messa su Youtube. Averli minacciati di rendere pubblici i loro metodi credo sia servito, anche perché la banca in questione non ne sarebbe uscita con una buona immagine…”.
Il malcapitato sottolinea che il ricorso a queste realtà è legale, ma che di questo non si parlava nel contratto firmato, dove erano previsti, in caso di ritardo di pagamento delle rate, solo interessi di mora.
È solo un caso di cui siamo venuti a conoscenza, certamente ce ne saranno altri. Un comportamento di questo tipo, con clienti che per anni hanno mantenuto i loro impegni pagando regolarmente, e vogliono continuare a farlo, può essere considerato civile?
Il Prefetto ha costituito un tavolo sul credito e le banche che hanno adottato queste pratiche andrebbero richiamate a comportamenti più confacenti alle difficoltà del momento.

Il parere dell’avvocato:
“Azienda seria e referenziata cerca uomini decisi, di poche parole e persistenza fisica. Possibilmente ex culturisti o ex galeotti, per recupero crediti in tutta Italia. Molto apprezzate origini meridionali, calabresi o siciliane. Si offre contratto e lauti compensi”.
Ecco uno degli annunci che si possono trovare nei siti dedicati sul Web (nello specifico, Subito.it). Molto probabilmente si tratterà solo di uno scherzo di cattivo gusto e l’impiego di bruti muscolosi sarà solo un esagerato luogo comune del ben più complesso mondo del recupero crediti. Il dubbio però resta: fino a che punto possono arrivare queste società? La legge cosa dice? Lo abbiamo chiesto ad un legale di Rimini, l’Avvocato Natascia Montanari
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“Molto spesso – sottolinea l’avvocato – non sono solo le banche ma anche gli enti fornitori di energia (gas, luce, telefonia, ect) a ricorrere a società di recupero crediti (le più famose la Recus e la Geri) che iniziano una vera e propria «persecuzione» telefonica ai danni di poveri cittadini indifesi”.

Quando si può parlare di persecuzione?
“Quando l’utente viene chiamato ripetutamente ed insistentemente. In più se il suo numero non è pubblico, l’utilizzatore sta altresì violando la legge sulla privacy. In questo caso bisognerebbe accertare come questi sia entrato in possesso del numero dell’utente: molto spesso accade che i numeri vengano utilizzati in violazione di quanto previsto dal Codice in materia di protezione dei dati personali (D. Lgs. 196/2003)”.

È possibile difendersi denunciando questa prima anomalia?
“Sì, capita che la società di recupero crediti, in questi casi, chiuda velocemente la telefonata, in quanto non è più sicura di quanto sta facendo o perlomeno dei limiti entro cui sta operando”.

Più in generale, la “vittima” che armi di difesa ha?
“La prima sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25033 del 22 giugno 2011 ha stabilito che «il creditore che tempesti di telefonate il debitore per indurlo ad adempiere, rischia la condanna per molestie o disturbo delle persone. A nulla rileva l’esercizio del diritto di credito del molestatore, attesa la subvalenza di tale interesse rispetto alla tutela dell’altrui sfera individuale»”.

La legge cosa dice?
“Quando le molestie diventano insuperabili, è possibile querelare la società di recupero crediti nella persona dell’impiegata, per il reato di «molestie», previsto dall’articolo 660 del codice penale; si tratta di una contravvenzione che riguarda l’ordine pubblico e la tranquillità pubblica. Questo articolo punisce «chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo». La sanzione prevista per questo reato è l’arresto fino a sei mesi oppure un’ammenda fino a 516 euro. La norma va interpretata nel modo giusto, anche alla luce della relativa giurisprudenza”.

Il termine “petulanza” però può essere relativo…
“La «petulanza» deve essere intesa come un comportamento impertinente, arrogante e come un modo di agire non conforme ai princìpi della società civile. Inoltre, la «petulanza» può essere definita anche come quel modo di agire pressante, ripetitivo, insistente, indiscreto e impertinente che finisce, per il modo stesso in cui si manifesta, per interferire sgradevolmente nella sfera della quiete e della libertà di altre persone. Il «motivo biasimevole» deve essere inteso ed interpretato come ogni motivo riprovevole in sé o in rapporto alle qualità o condizioni della vittima. Infine, la molestia deve essere intesa ed interpretata, sotto un profilo giuridico, come un qualunque comportamento in grado di turbare la vita e quindi, l’esistenza di terze persone”.

Non rischia di rimanere un concetto relativo?
“La molestia o il disturbo devono essere valutati in relazione al modo di sentire e di vivere comune. In sintesi, il reato contravvenzionale di molestia o disturbo alle persone consiste in una qualsiasi condotta oggettivamente idonea a molestare e a disturbare le terze persone, interferendo nell’altrui vita privata e nell’altrui vita relazionale.
La Cassazione penale (sezione III, sentenza 1 luglio 2004, n. 28680, art. 660) punisce la molestia commessa col mezzo del telefono (mobile o fisso), in quanto il destinatario di essi è costretto a percepirli, con corrispondente turbamento della quiete e tranquillità psichica. Il mittente utilizzando il telefono, realizza l’obiettivo di recare disturbo al destinatario, configurando il suddetto reato”.

Lei quale suggerimento dà?
“Un consiglio utile a tutti coloro che non soltanto si trovano esposti alle «persecuzioni» telefoniche delle società di recupero crediti, ma anche di coloro che a casa oppure anche al cellulare vengano continuamente disturbati da telefonate di promozioni varie (anche le più incredibili) è diiscriversi al Registro delle Opposizioni ed indicare il numero cui non si vuole più essere contattati. Nel caso in cui le telefonate dovessero continuare, nonostante l’iscrizione, occorre subito fare presente che ci si rivolgerà all’Autorità Pubblica per comunicare la grave violazione”.

Alessandra Leardini