È sempre un’operazione azzardata la proiezione su scala nazionale del risultato del voto in una regione. Ma i segnali che arrivano dal voto in Abruzzo sono così macroscopici da rendere inevitabile un allargamento del discorso. Anzitutto due elementi “di sistema”. Il primo è l’ulteriore riduzione della partecipazione al voto (oltre 6 punti in meno). Un dato che rivela un calo della capacità di mobilitazione anche da parte della “nuova politica” e una buona dose di disorientamento e delusione. Non a caso il più recente sondaggio di Pagnoncelli in vista delle europee registrava pochi giorni fa un 42,5% di indecisi. Tra l’altro alla vigilia del voto abruzzese si è svolta a Roma la manifestazione nazionale unitaria dei sindacati confederali, con una partecipazione massiccia e composta e con il contributo di una piccola ma significativa componente di imprenditori. Il che significa che sulla scena pubblica ci sono anche altri soggetti sociali oltre ai partiti. Il secondo elemento è l’estrema volatilità delle opzioni degli elettori, cosa che Renzi ha già ben sperimentato!
Nelle elezioni abruzzesi quel che balza agli occhi è che, nel bacino regionale, a meno di un anno dal voto politico i rapporti di forza tra i due partiti che governano a Roma si sono completamente ribaltati e il centro-sinistra ha dimostrato di avere ancora uno spazio politico (pur perdendo un’altra regione). Se si porta l’analisi sui singoli partiti, l’exploit della Lega è vistoso. Raddoppia i suoi voti rispetto alle politiche, sorpassa e distanzia l’alleato di governo e prende il triplo dei voti del suo alleato elettorale, Forza Italia. Con un risultato analogo a quello abruzzese, la coalizione monopolizzata dalla Lega avrebbe agevolmente la maggioranza assoluta in un’eventuale elezione per il Parlamento.
Il M5S in meno di un anno ha dimezzato la percentuale di consensi. I cinque stelle si stanno già interrogando sull’impatto negativo che il passaggio dall’opposizione al governo ha provocato sul loro elettorato. È fin troppo facile prevedere che prevarranno ora le pulsioni più barricadere. Il che lascia presagire una navigazione del governo nazionale ancora più accidentata di quanto visto finora, con un ulteriore incremento della competizione nella maggioranza e con l’incombente prospettiva di un Salvini che prima o poi passerà all’incasso.
Quanto al Partito democratico, il buon risultato del centro-sinistra in Abruzzo è frutto di un candidato alla presidenza autorevole e di una coalizione dalla forte connotazione civica, in cui il Pd è una forza minoritaria. Anche in questo caso il gruppo dirigente di quel partito ha di che riflettere.
Stefano De Martis