Il Ferragosto è trascorso e l’inizio delle attività scolastiche è ormai alle porte: lunedì 14 settembre le scuole riapriranno i battenti. I genitori, dopo mesi in cui si sono fatti carico in toto della gestione dei figli, aspettano questo momento.
C’è una grande attesa e una certa preoccupazione. Quest’anno i problemi organizzativi e gestionali, che hanno tenuto banco nella fase di programmazione della riapertura delle scuole, richiederanno un monitoraggio costante nel corso dell’anno. Oltre ai problemi logistici, altri fattori critici potrebbero incidere sulla riuscita del nuovo corso.
Come sarà il ritorno in aula per tanti bambini? Come reagiranno alle nuove regole? Terrà l’organizzazione scolastica? Riusciranno i bambini e le famiglie ad adeguarsi al nuovo corso? Una certa inquietudine è naturale.
Ne abbiamo parlato con la professoressa Susanna Mantovani (membro della Commissione consultiva per il Sistema integrato di Educazione e Istruzione 0-6 anni del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca).
Quali bambini e famiglie arriveranno a settembre a scuola?
“Dobbiamo dire che, in linea di massima, le famiglie ce l’hanno fatta a superare il periodo di lockdown e così i bambini, in senso inversamente proporzionale all’età: i più piccoli hanno in genere retto meglio dei grandi, che hanno accusato più fatica. Questi mesi hanno però lasciato negli adulti un senso di profonda incertezza, soprattutto rispetto al loro futuro lavorativo e, nei bambini, dei segnali, che andranno comunque guardati e monitorati”.
Quali sono questi segnali nel bambino?
“Molti genitori hanno segnalato, in maggiore o minore misura a seconda dell’età, una certa irregolarità nell’alimentazione e nel sonno, l’abitudine a giochi solitari e prevalentemente tecnologici, una discontinuità di attenzione e concentrazione, ancora più evidenti in una situazione di scarse alternative; in taluni casi, è rimasta la paura ad uscire di nuovo”.
Dopo un periodo di grande tenuta, siamo a corto di energie…
“Sì, adulti e bambini hanno affrontato con coraggio situazioni di rischio e di paura, poi, cessato il pericolo, è rimasta loro una grande stanchezza. Questa stanchezza non aiuta a far fronte al lungo periodo d’incertezza, che ora aspetta tutti noi. Se il genitore riuscirà a reggerà questo stato di insicurezza, potrà essere di sostegno al figlio e i bambini riusciranno ad affrontare anche questa nuova prova”.
Chi si prenderà cura di loro? Tutti noi, educatori e docenti compresi, siamo incerti e insicuri, come sospesi, tra un passato ormai finito e un futuro dai confini incerti.
“Le incognite del futuro ci avevano accomunato e fatto sentire più uniti, vicini e partecipi al dolore collettivo; ora dobbiamo trovare nuovi modi di condividere questa situazione e di relazionarci senza disperdere quei sentimenti di comunanza e solidarietà che ci avevano coeso”.
Come trasformare allora questa condizione critica in un punto di forza educativa?
“Non si tratta di nascondere la propria insicurezza e di fingere certezze organizzative che non si hanno; ma di poterle esprimere e condividerle all’interno del gruppo di lavoro scolastico per mettere in pratica le nuove prescrizioni normative, che dovranno garantire un livello essenziale di sicurezza”.
Definite le norme, bisogna ottemperarle…
“Sì, predisporre delle regole condivise che consentano di fronteggiare la quotidianità della vita scolastica, trovando soluzioni ad hoc, ad esempio se i bambini non posso interagire con tutti i compagni, andranno proposti giochi a squadre … e qui dovremo fare squadra con il personale ausiliario e con i bambini, che hanno pensieri e idee su queste cose”.
Ma poi come faccio se il bambino piange e non posso abbracciarlo?
“Quello che si faceva prima erano gesti scontati, come abbracci e baci. Ora, non possiamo sottrarre totalmente al bambino il contatto fisico, dovremo sostituire l’abbraccio con una piccola carezza, con l’accucciarci, con il portarlo per mano verso un gioco o verso qualcosa che lo attira per distoglierlo, comunque affettuosamente, dal pianto. Ugualmente dovremo far rete, con i servizi sanitari, trovando modi nuovi di integrare le molte professionalità, che già ruotano attorno al bambino. Il pediatra di famiglia, ad esempio, può effettuare un primo vaglio delle situazioni a rischio, unitamente ad educatori, insegnanti, personale ausiliario e psicologi scolastici. Dovremo pensarci come una grande barca dove l’equipaggio sa cosa fare e si muove coeso”.
Quali saranno le situazioni a rischio?
“Incontreremo bambini felici di tornare a scuola, ma anche arrabbiati e frustrati per i limiti che sono stati loro imposti nei mesi scorsi e magari segnati da perdite dolorose. L’educatore si troverà ad incontrare un mondo di emozioni. I bambini avranno bisogno di parlare e di raccontare. Stiamo attenti a cogliere il momento in cui il bambino darà il segnale di volere farlo, cogliendo l’input che darà. Bisogna prepararsi a rispondere. Non è necessario dare subito una risposta se sul momento non l’abbiamo, ma la richiesta non va ignorata. Il bambino va subito rassicurato dell’importanza della sua domanda, che merita un pensiero, poi si torna sull’argomento.
L’educatore non deve trincerarsi nel silenzio nell’illusione che questo aiuti il bambino a dimenticare, ma deve essere disposto ad affrontare argomenti che anche per lui potrebbero essere potenzialmente dolorosi. Non dimentichiamo inoltre che il lockdown ha potenziato la fragilità e debolezza di molte famiglie, che hanno bisogno di trovare interlocutori preparati e pronti a cogliere i loro vecchi e nuovi segnali di bisogno”.
Quali sono le risorse di educatori e genitori in questo ambito, dato che loro stessi sono stati duramente messi alla prova?
“Avremo insegnanti pieni di slancio nel ricominciare, ma anche, come tutti, insicure. Sarà necessario, come dicevamo, un potenziamento del lavoro di gruppo rispetto al passato, ma anche una formazione mirata alle nuove problematiche che vanno affrontate nell’organizzazione scolastica e nella relazione con le famiglie e i bambini”.
Cosa cambierà nell’organizzazione scolastica?
“Andranno approntate misure preventive con la costituzione di gruppi stabili di bambini e insegnanti, una nuova organizzazione e riconversione degli spazi -ad esempio per la refezione e per il riposo pomeridiano dei più piccoli – in linea con le norme di non intersezione dei gruppi, di areazione dei locali ed igieniche. Il materiale didattico verrà assegnato ad uso esclusivo. Un ripensamento specifico merita poi l’adeguamento dell’organizzazione scolastica alle esigenze dei bambini con disabilità. Per gli eventuali casi di contagio, andranno poi predisposte misure di contenimento per limitarne l’impatto sulla comunità scolastica e sull’ambiente esterno”.
Lucia Carli