Oggi trovare la chiesa di Viserba non è facilissimo, sommersa com’è dagli alberghi e stretta fra viuzze stipate di case e ristoranti.
Agli inizi del secolo scorso, pur rivelando già la sua futura vocazione turistica, non era così: solo villette immerse nel verde e circondate dai campi coltivati facevano compagnia ad una piccola cappella, dipendente dalla parrocchia di San Martino in Riparotta.
La parrocchia in quanto tale è nata nel 1925. Ma in un secolo di storia, poco meno, i suoi parroci sono stati pochi. Se si esclude don Aldo Fonti, il parroco attuale, in sede solo dal 2009, possiamo divedere fra tre gli anni restanti: don Arcangelo Biondini parroco per 29 anni, sostituito da don Antonio Fillini rimasto alla guida della parrocchia per oltre quaranta anni. È poi giunto don Romano Migani, ancora residente in parrocchia, che ha ceduto il ministero a don Aldo dopo 13 anni.
E don Aldo viene da lontano: lontananza fisica (da Caracas in Venezuela), lontananza temporale (mancava dall’Italia da 30 anni), lontananza culturale (stile di vita, tradizioni, lingua …).
Dialogando con lui partiamo proprio da questo primo aspetto: il ritorno in Italia e l’approccio con la pastorale parrocchiale.
“In questa prima tappa del mio ministero ho dedicato tempo in primis a conoscere la gente, cosa che ho cercato di fare sfruttando tutti i momenti d’incontro, e non solo liturgici, ma anche informali. Però ho anche programmato una visita sistematica ad ogni famiglia per farmi conoscere e soprattutto per conoscere. Tutti i giorni da ottobre a maggio, dalle ore 18,30 fino alle 21 visitavo le famiglie, previo avviso con una lettera personalizzata. Per me è stata una esperienza molto bella… ho imparato molto, ho rivissuto quell’esperienza di inculturazione fatta molti anni prima, quando sono andato in America Latina. Era cambiato il contesto, ma l’ho affrontato con gli stessi atteggiamenti. Nell’iter formativo di allora ci avevano preparato per affrontare una nuova cultura e come inserirci in essa… ho fatto tesoro di quegli orientamenti per reinserirmi in Italia e concretamente a Viserba. Quando si vive la missione così, si sperimentano vere le parole del Papa Giovanni Paolo II: La fede cresce, donandola (Redemptoris missio).”
E mentre andavi conoscendo le famiglie e “reimparando” a essere “italiano”, che realtà pastorale hai incontrato? Che collaborazione negli operatori pastorali?
“Nella prima estate (2009), oltre al lavoro pastorale richiesto da una parrocchia di mare con il settore turistico, nei tempi liberi ho cercato di conoscere più da vicino gli operatori pastorali meno coinvolti nel lavoro stagionale, per cominciare con loro una riflessione sulla parrocchia. Il documento della CEI “Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia” è stato dall’inizio la nostra guida. Quasi una cinquantina di persone in quell’estate ha letto il documento e poi in settembre, agli inizi della programmazione, era sempre sullo sfondo come orientamento comune.
In generale mi sembra che in parrocchia si respiri un buon clima di fraternità e di entusiasmo nel portare avanti il progetto di rinnovamento e nuova evangelizzazione”.
Per quanto uno si sforzi di inculturarsi nella nuova realtà, qualcosa di sé si porta dietro dalla cultura precedente. Cosa pensi di poter portare a Viserba dal Venezuela?
“Prima di tutto lo spirito missionario. Come questa spinta missionaria dall’Italia mi ha condotto in Venezuela, così oggi dal Venezuela mi ha ricondotto in Italia. Però col tempo cambia la persona e cambia la società. Per questo è necessario rinnovare sempre, senza mai adagiarsi, lo spirito missionario. Il mio ritorno in Italia non è stato un rinunciare alla vocazione missionaria. Missionari bisogna esserlo ovunque.
Dall’esperienza specifica in Venezuela penso di poter portare in Italia quell’attenzione e quell’amore che la gente sente per la Sacra Scrittura. Saper leggere la Bibbia significa saper interpretare la propria vita e la storia. Così abbiamo iniziato la lettura popolare della Bibbia, aiutati anche da padre Ottavio, un comboniano di Pesaro.
Nel 2010 è iniziata l’attività di un primo gruppo di lettura popolare della Bibbia. Oggi vari gruppi proseguono sul territorio parrocchiale questa felice iniziativa, che offre tanti momenti di riflessione e condivisione fraterna e a volte portano anche nelle celebrazioni domenicali il contributo delle loro meditazioni”.
In un tempo nel quale in tante parrocchie i Centri di Ascolto del Vangelo sono in crisi, tu riesci a motivarli e farli funzionare?
“Non è merito mio, ma della gente che ci ha messo il cuore. Dopo aver passato un certo tempo di preparazione ed esperienza partecipando al gruppo di lettura popolare della Bibbia che si riunisce in parrocchia, sono stati nominati alcuni animatori che si incontrano nelle case già da quasi un anno, settimanalmente e con costanza, anche in estate, con gruppi di 10 – 15 persone.
Questa iniziativa è molto apprezzata dai partecipanti e presenta alcune caratteristiche molto evidenti. La prima è la sensazione di pace che si respira entrando in casa, dopo aver lasciato fuori della porta tutte le preoccupazioni ed i problemi del quotidiano, pace che permette all’anima di diventare spugna pronta ad assorbire la Parola. Poi c’è l’attenzione e la cura che ognuno mette nell’ascolto della Parola e lo sforzo di ben comprendere l’insegnamento proveniente dalle letture.
Segue la condivisione delle esperienze personali che la Parola ascoltata ci fa partecipare agli altri. Il tutto si svolge in un clima di sincera amicizia che si sviluppa sempre più con il passare delle settimane”.
Sei arrivato qui all’inizio dell’estate 2009 e quindi ti sei trovato subito a dover fare i conti con una pastorale “in transito”, con persone cioè di passaggio, i turisti. Come hai affrontato questa particolare situazione?
“Ho la fortuna di avere una chiesa molto ben collocata rispetto al paese, con una bella piazza. Così, al di là del servizio religioso ordinario, ho pensato che come parrocchia potevamo dare un contributo al mondo del turismo, arricchendo l’offerta del comitato turistico con programmi culturali e ricreativi. La prima estate che ho vissuto qui a Viserba mi è servita per conoscere e vedere le reali possibilità per la promozione del programma, facendo qualche esperimento. Vedendo la bella accoglienza che ha avuto l’iniziativa, nelle stagioni estive successive 2010 e 2011, abbiamo consolidato il programma con una tematica specifica, sviluppata con metodologie diverse: conferenze, tavole rotonde, spettacoli in piazza con concerti a tema ecc.”.
E poi, anzi prima, ci sono i Viserbesi …
“Il passo in più coi Viserbesi potrebbe essere quello di affrontare tematiche sociali, culturali, che toccano concretamente il nostro territorio… azioni concrete, magari coinvolgendo associazioni, istituzioni, rivolte con decisione e visibilità verso i più poveri, verso quei disagi che vediamo ma che spesso non facciamo nulla per portarli almeno sotto gli occhi di tutti (immigrazione, turismo, cristiani di altre chiese, altre religioni)”.
In Venezuela, soprattutto negli ultimi quindici anni, ti sei principalmente occupato di pastorale familiare. E a Viserba?
“Anche a Viserba il tema è sentito e importante, ma su questo preferisco cedere la parola all’équipe che porta avanti con competenza tutto il discorso in questo settore”.
Egidio Brigliadori