Permette, signor Amos Piccini ? Vorrei farle un’intervista.
“Scusi, ma io non la conosco”.
Sono un inviato del Gruppo editoriale-televisivo Che Mondo, con sedi in molte città italiane, fra le quali Bagheria, Locri e Casal di Principe.
“Le ho sentite nominare, ma non sono mai stato in quei posti”.
I suoi lavori piacciono particolarmente ai nostri ascoltatori e lettori. Poi, il successo del Pinocchio riminese…
“Va là!”
Lei mi sembra un po’ scettico, ma si convincerà. Intanto come posso definirla: commediografo, scrittore o poeta?
“Non cominci con le esagerazioni; questo lo scrivono gli altri. Io mi considero solamente un umorista… pessimista”.
Prendo atto. Nell’introduzione al suo ultimo libro Ma mi faccia il piacere, lei ha detto che ha studiato poco, letto parecchio e lavorato molto. Mi dica…
“Alt ! Scusi se la interrompo: come fa a conoscere queste mie affermazioni? Il libro non è ancora stato stampato e non so nemmeno se lo pubblicherò”.
Ma io sono un inviato speciale, di un’azienda speciale…
“Se è così speciale, chieda pure”.
Volevo una conferma: lei non è laureato.
“È vero, solo un misero diploma. Avrei una laurea, ma non mi viene riconosciuta”.
Sarebbe?
“La laurea in scienza calcistica. Pensi che Arrigo Sacchi, romagnolo, alla fine degli allenamenti che svolgeva con la squadra del Rimini ai campo del Dopolavoro ferroviario, mi chiedeva sempre il parere. Marcello Lippi, che è un toscano di mare, mi telefonava con la scusa di parlare del pesce dell’Adriatico, e finiva per domandarmi dove era meglio far giocare Totti: punta o mezza punta? Cesare Prandelli, che è lombardo, mi ha chiamato solo una volta. Quando Bossi l’ha saputo, gli ha “suggerito” di rivolgersi a qualcuno di Varese o di Bergamo Alta”.
Comunque, lei da un punto di vista culturale, è un autodidatta.
“No, io sono un autodedotto”.
Non capisco.
“Avendo una buona immaginazione, un acuto spirito di osservazione e un certo piacere per il paradosso, ho desunto che avrei potuto scrivere”.
Ho capito il suo concetto. Ma glielo ripeto in italiano: lei si è fatto da solo?
“No, mi ha fatto mia madre, con la partecipazione di mio padre, che era suo marito”.
Volevo dire che non ha avuto maestri.
“Un solo maestro: quello di quinta elementare. Un maestro capace, serio, giusto. E alla mia bella età, mi ricordo ancora il suo cognome: Salvigni. Però ho conosciuto e praticato parecchi professori, molti purtroppo deceduti, che ringrazio ancora per avermi corretto, consigliato e stimolato. Li elenco in ordine alfabetico: Carlo Alberto Balducci, Sergio Ceccarelli, Angelo Fabi, Vincenzo Giorgetti, Marco Magalotti, Nevio Matteini, Otello Pasolini, Gianni Quondamatteo, Aurelio Tassinari, Maria Luisa Zennari. Nonché lo scrittore e regista dott. Mario Soldati, il primo a gratificarmi. E mi scuso se ne ho dimenticato qualcuno”.
Posso dire che è diventato uno scrittore per passione?
“No, la passione lasciamola perdere. C’è già quella di Gesù che è senza paragoni. Diciamo per intromissione. Mi ci sono trovato dentro senza alcuna intenzione, pensavo solo al giuoco del calcio”.
Però lei oggi è diventato popolare.
“Se per popolare lei intende figlio di popolani, sì”.
Volevo dire che è conosciuto a Rimini e dalle nostre parti.
“Per forza mi conoscono a Rimini. Ci sono nato. Ma dalle vostre parti come fanno a conoscermi?”
Per mezzo delle nostre infiltrazioni, cioè conoscenze.
“Ma non sarebbero illegali?”
Forse, ma se servono…
“Ho capì”.
Potrebbe fare una scappata dalle nostre parti. È stato intercettato in alcune conversazioni telefoniche con i suoi amici. Sarebbero da presentare in teatro, perché veramente esilaranti.
Grazie del complimento. Ma le intercettazioni non devono essere vietate?
Ma mi faccia il piacere… (e l’è andè via ch’u i avniva la sgrégna).
(Intervista
Autoprovocata.
Firmata Amos Piccini)