Non è corretto dire che la Lega abbia perso le elezioni regionali per l’Emilia-Romagna. In fondo ha quasi mantenuto il dato esplosivo delle Europee (appena il -1,9) e raddoppiato quello delle Regionali del 2014 (dal 15,2 al 31,9%), così pure il Centrodestra complessivamente che ha portato il suo candidato presidente (nel 2014 un certo Alan Fabbri, oggi Lucia Borgonzoni) dal 25,3 al 43,6%.
Eppure è certamente corretto dire che se c’è un grande sconfitto è lo stesso leader della Lega, ed oggi del Centrodestra, Matteo Salvini. Il suo progetto di dare una spallata al governo giallo-rosso nazionale, espugnando la roccaforte emiliano-romagnola, è fallito. La campagna elettorale dai toni estremisti del leader della Lega alla fine non ha pagato.
La propaganda aggressiva, e tutta incentrata sulla propria persona, ha prodotto un effetto boomerang: ha risvegliato una sinistra ormai demotivata, ricompattandola (cosa che non era riuscita neppure ai migliori leader della stessa); ha spaventato anche molti elettori del centro che si volgevano a destra; ha favorito il nascere di un movimento spontaneo ed elettoralmente efficace come quello delle Sardine (ne è segno anche la percentuale dei votanti passati dal 37,67 al 67,67%).
Se vorrà avere un futuro ancora da protagonista, Salvini dovrà certamente rivedere la sua strategia, senza aver più la pretesa di egemonizzare il centrodestra.
Dovrà infatti tenere conto non solo della posizione forte di Giorgia Meloni con FdI, ma anche del fatto che nel sud (vedi le elezioni in Calabria) Forza Italia dimostra una tenuta più robusta, rispetto alla sua scomparsa nella nostra regione (2,6%).
E soprattutto dovrà abbandonare certe posizioni estreme (dalle offese nel linguaggio allo “stile citofonate”), che la maggioranza degli italiani sembra non accettare, come ha dimostrato una sorta di Piave in cui si è trasformato il fiume Po in queste ultime elezioni.
Il risultato del Centrosinistra in Emilia-Romagna si spiega in parte con la mobilitazione elettorale attivata dalle Sardine e dalla capacità attrattiva di Bonaccini (“il buon governo”) ma nasce anche dalla possibilità del “voto disgiunto”, che ha portato molti elettori fuori dai confini della coalizione a preferire il candidato del centrosinistra.
I primi studi dell’Istituto Cattaneo sui flussi elettorali confermano che molti elettori pentastellati hanno scelto il candidato del centro-sinistra. Il Pd ringrazia i “toni” ruvidi dell’uomo solo al comando, vizio che Capitan Matteo ha mutuato dal suo omonimo, che lo stesso errore aveva già fatto, pochissimo tempo fa.
È il vizio di oggi, non c’è memoria, neppure dei fatti accaduti soltanto ieri.