È arrivato a Santarcangelo il 1° gennaio del 1971 don Sergio Matteini, quando era ancora molto giovane. Per ben 32 anni è rimasto a capo di una comunità parrocchiale che ha riconosciuto in lui fin da subito quelle doti, non comuni, di grande comunicatore e saggio pastore.
Mercoledì 25 agosto, don Sergio è tornato alla Casa del Padre e venerdì 27, nella città che tanto lo ha amato, c’è stato l’ultimo saluto.
La ‘sua’ Collegiata era gremita di gente, come pure il sagrato della chiesa e il teatrino a fianco, dove era stato allestito uno schermo per poter partecipare alla Messa.
C’erano proprio tutti a dare l’ultimo arrivederci a don Sergio, dagli scout ai vari gruppi parrocchiali, dai più grandi a chi – per la giovane età – lo ha potuto frequentare per poco tempo. La cerimonia è stata presieduta dal Vescovo monsignor Francesco Lambiasi, e concelebrata da circa una quarantina di sacerdoti.
Erano presenti anche le autorità nella persona del Sindaco Parma, di alcuni assessori e dell’ex Sindaco clementino Mauro Vannoni, colui che nel 2001 gli aveva conferito la cittadinanza onoraria.
Molti i tributi di affetto manifestati, a partire proprio dal Vescovo che ha voluto rendere partecipe la comunità di alcuni tratti del testamento olografo redatto da don Matteini nel 2015 (“ Nella mia vita tutto è stato un intreccio di doni, che ho ricevuto da Dio, dalla mia famiglia, dai miei vescovi, dai confratelli e dalle comunità cristiane in cui sono stato mandato. Tutti ringrazio e a tutti chiedo perdono. Mi affido unicamente alla misericordia del Signore”) e delle ultime parole che il don ha ripetuto come una litania a mons. Lambiasi dal suo letto d’ospedale, pochi giorni prima di morire: “… il Signore mi ha troppo amato. Sì, il Signore mi ha troppo amato”.
L’intera comunità ha detto più volte grazie a don Sergio per “… essere stato la guida che ha accompagnato i fedeli durante i sentieri più impervi della vita, trasmettendo con l’esempio i valori di lealtà, fiducia, fratellanza… Un padre spirituale sempre disponibile verso coloro che necessitavano di conforto”.
Una giovane suora della Sacra Famiglia che non ha conosciuto personalmente don Sergio, si è detta contenta dell’aver partecipato al funerale: “sentivo che dovevo esserci e l’atmosfera che si è respirata ha reso l’idea di quanto lui sia stato davvero importante per Santarcangelo. Come ha detto il Vescovo, ora sta a noi assumere la responsabilità di farci esecutori testamentari della eredità che ci ha lasciato”.
Don Matteini a Santarcangelo ha davvero voluto bene a tutti e a tutto, prendendosi cura delle persone ma anche delle cose, come ad esempio della Collegiata. Sotto il suo mandato molti e importanti sono stati i restauri della chiesa, e alla sua volontà si deve la realizzazione del teatrino adiacente.
È stato lui a dare l’input per realizzare la Redemptor Hominis (la chiesa della stazione), poi costruita nel 1981. Ha accolto la Casa famiglia della Papa Giovanni XXIII, che don Oreste aveva voluto mandare a Santarcangelo.
In merito, Donatella e Valerio Giorgis hanno testimoniato “… da te ci siamo sentiti voluti nella casa della parrocchia, sei stato per noi un grande amico, un consigliere e padre spirituale quando don Oreste è salito al cielo … crediamo che ora da lassù tu sia già al lavoro per combinarci qualche progetto futuro…”.
Ancora prima di accogliere la comunità di don Benzi, a metà degli anni ’70 don Sergio aveva formato in parrocchia “ il Gruppo di servizio” per sensibilizzare i giovani, e non solo, sulla disabilità e sull’importanza di non chiudere gli occhi davanti ai più fragili.
Gli scout hanno riportato alla memoria alcuni fatti concreti e momenti particolarmente intensi vissuti con don Sergio: “… molte delle poche cose che abbiamo imparato di Dio le dobbiamo a te. A te che hai camminato con noi per tanti anni, raccontandoci di Lui, tra le gioie e le fatiche, accompagnandoci lungo la strada di quegli anni di gioventù che per un individuo – sono i più belli ma forse anche i più difficili.
Eravamo dei ragazzini quando ci hai preso per mano e il nostro “diventare grandi” è stato un percorso condiviso con te, che ci hai guidato con quella tenerezza che ti ha sempre contraddistinto. Senza pregiudizi, con rara intelligenza e molto affetto, ci sei stato davanti ad indicarci la via, oppure di fianco quando ci sembrava di crollare e dietro, quando qualcuno perdeva il passo. Per te la Fede non era un concetto da dimostrare, ma una strada da percorrere…”.
È superfluo descrivere la commozione che si respirava all’interno della chiesa, culminata al termine quando un gruppo di vecchi scout, in ginocchio, ha intonato
il Canto del tramonto che ogni sera al campeggio si cantava assieme attorno al fuoco di bivacco. Mancherà tanto a tutti non potergli più parlare, non poterlo incontrare, ma – come hanno ricordato i suoi ragazzi – “… ti troveremo nella bellezza che ci sta intorno e che tu ci hai insegnato a scoprire. Ricordandoci sempre del tuo esempio, continueremo ad amare il Creato e a stupirci, ogni volta, di tanta magnificenza”.
Don Sergio è stato tumulato a Santarcangelo, assieme ai genitori Alfonsa e Quinto. Anch’essi, con la loro presenza discreta, hanno vissuto nella canonica a fianco della Collegiata per tanti anni e ancora oggi restano nella memoria di chi li ha conosciuti. Riposa in pace, carissimo Don, e fai buona strada.
Dall’omelia del Vescovo
Ecco alcune testimonianze, tratte da un bouquet di ricordi, raccolti dal buon cuore memore e grato di diversi di voi.
Una Sorella di fede: “Come si può ridurre il segno impresso da don Sergio in ognuno di noi con un ricordo? La Chiesa ci invita a riconoscere i testimoni che sulla nostra strada sono segno del fatto che sono investiti totalmente dalla presenza di Cristo in ogni atto del vivere.
Ecco, don Sergio, questo sei stato per me, ogni volta che hai risposto ad un bisogno, ad un chiarimento,ad una domanda di aiuto, hai corretto con delicatezza e lucidità le fatiche e le gioie riconducibili al disegno del Padre, hai donato tutto e condiviso un’amicizia che corrisponde totalmente al bisogno del cuore di ogni uomo. Grazie”.
Un parrocchiano: “Ho conosciuto don Sergio nel 1964 quando ero in seminario. Lui era cappellano a Savignano: veniva a trovare i miei genitori che erano mezzadri della parrocchia di Santa Lucia. Mi aveva colpito il rapporto con i miei: un rapporto alla pari, di sincera condivisione con chi lavorava la terra, perché anche lui era figlio di contadini.
Per me don Sergio è stato un maestro.
Lo definirei maestro della quotidianità.
Diceva spesso: ‘Lasciamo il mondo un po’ meglio di come lo abbiamo trovato’.
Amava gli scout. Amava le relazioni semplici. Ti guardava con occhi pieni di dolcezza, mai giudicanti. La tenerezza era il suo punto di forza; si ricordava sempre della tua famiglia, e l’aveva sempre nel cuore. Nelle difficoltà ti accompagnava ad intraprendere strade di riconciliazione: aveva fiducia nell’uomo e nella sua bontà. Era l’amico che ti supporta nelle scelte e lo sentivi presente al tuo fianco. Era interessato al tuo cammino”.
Un confratello della Casa del Clero: “La Diocesi, e in particolare il presbiterio, ha un ulteriore debito di riconoscenza verso don Sergio, perché gli ultimi 20 anni li ha passati presso la Casa del Clero come direttore, fino a un paio di anni fa.
Anche verso i confratelli e il personale ha manifestato il suo stile di cordialità e di premura, con il quale ha creato un clima di familiarità, di serenità e di fede, così prezioso specialmente per dei sacerdoti che, per l’età o per e condizioni di salute, hanno dovuto lasciare il ministero attivo in parrocchia, ma sentendosi ugualmente valorizzati, stimati, curati. La forza d’animo con la quale poi ha affrontato quest’ultimo periodo molto impegnativo per la sua salute, la gioia di essere potuto tornare ‘fra i suoi amici della Casa del Clero’, dopo un lungo periodo di degenza ospedaliera, sono state un’ulteriore testimonianza di amore e un dono ai confratelli. (…)
Ma l’ultima testimonianza di don Sergio l’ho raccolta io stesso dalle sue labbra, quando una quindicina di giorni fa sono andato a trovarlo in ospedale e, dopo avermi chiesto la confessione, ha cominciato a ripetere più e più volte, quasi in un giubilo accanito, come una dolce litania: “Il Signore mi ha troppo amato. Il Signore mi ha troppo amato”.
Grazie, Signore, per averci dato don Sergio.
Grazie, don Sergio, per averci dato il Signore.
Roberta Tamburini