Usiamo solo il 10% del nostro cervello, i delfini ci battono con un utilizzo del 20%. Lucy invece sta arrivando all’uso totale delle sue capacità cerebrali. Lucy è il personaggio fittizio creato da Luc Besson per il suo ultimo film, una Scarlett Johansson (che sembra abbia gusto per la fantascienza, vedi anche il recente Under the Skin) che interpreta questa ignara giovane studentessa che finisce suo malgrado in un brutto giro di malavitosi orientali (il perfido boss è Choi Min-sik) e per via di una nuova droga inserita nel suo corpo, acquista poteri inimmaginabili per l’uomo con la possibilità anche di far scorrere il tempo a suo piacimento: Lucy, donna del futuro, si incontrerà con la “prima” Lucy, il più antico scheletro ominide femminile in un singolare “faccia a faccia” che condensa in pochi attimi la storia evolutiva dell’essere umano.
Mix veloce e divertente tra Nikita e Il Quinto elemento> (con qualche citazione alla Matrix, modello sempre di riferimento), Lucy viaggia ad alta velocità tra Taipei e Parigi, sotto gli occhi spalancati e increduli del professor Norman (Morgan Freeman) che non si capacita che i suoi studi sull’evoluzione si siano trasformati in realtà. Ancora più perplesso è il “terrestre” poliziotto Del Rio (Amr Waked) di fronte alle azioni della ragazza, capace di fermare nemici con il solo movimento della mano, controllare la salute di una persona con un tocco, far volare armi, guidare un auto senza mai averne toccata una prima.
Lucy non è solo action-movie. Luc Besson compie lo sforzo di allungarsi sul piano filosofico ed evolutivo, e riesce nell’impresa consegnando un prodotto che sposa le esigenze dello spettacolo con quelle di una riflessione sul posto dell’uomo nell’universo.
Il Cinecittà di Paolo Pagliarani