L’arrivo di una bolletta non viene mai salutato con gioia o grande festa. Ma la cronaca recente ci parla di situazioni ai limiti del film dell’orrore. Chiunque abbia ricevuto una bolletta di luce o gas nelle ultime settimane se ne sarà accorto: ci troviamo di fronte a numeri da far girare la testa.
E, purtroppo, non si tratta di un errore: i prezzi delle utenze di luce e gas sono schizzati alle stelle. Non è un modo di dire, come dimostrano i dati pubblicati da ARERA, ossia l’ente regolatore dell’energia: i rincari in bolletta di luce e gas si attestano rispettivamente al +55% e al +41,8%.
Trend allarmante confermato anche dagli analisti internazionali della Bank of America, che stimano, stando agli attuali prezzi all’ingrosso, un aumento della spesa di luce e gas per le famiglie dell’Europa occidentale fino al 54% (1850 euro annui rispetto ai 1200 registrati nel 2020). Un’enormità.
Ma da cosa è dovuto tutto questo? Perché ci troviamo di fronte a numeri così allarmanti?
Analizza la situazione uno dei maggiori esperti dell’argomento, l’ingegner Bruno Tani (foto piccola), per 11 anni presidente di ANIGAS, realtà nazionale che rappresenta le imprese operanti sull’intera filiera del gas (e oggi amministratore delegato di SGR Rimini).
Ingegner Tani, la situazione attuale delle bollette di luce e gas, soprattutto quelle relative alla fine del 2021, è veramente critica. Sulle cause si sente tutto e il contrario di tutto, ma la realtà è sempre quella: i cittadini sono confusi e in grande difficoltà. Possiamo fare un po’ di ordine?
“La situazione attuale è il frutto di una serie di concause che, purtroppo, si sono verificate tutte insieme. Se dovessi trovare il primo elemento scatenante, lo individuerei nella liberalizzazione del mercato. Può sembrare un giudizio antistorico e, certamente, non tutte le liberalizzazioni sono negative. Ma in questo specifico contesto ha creato, e sta creando, diverse problematiche”.
Si spieghi.
“In passato, nel settore dell’approvvigionamento di energia, i Paesi avevano un proprio ente, controllato in tutto o in parte dallo Stato (in Italia l’ENI), sul quale sussisteva lo specifico obbligo di garantire la sicurezza delle forniture, agendo in una situazione di monopolio. Garantiva, cioè, che le fonti di energia arrivassero nel Paese e fossero sufficienti. Questo sistema si fondava su rapporti tra Paesi che erano regolati da contratti a lungo termine (della durata, in media, di 20-25 anni) che rappresentavano una grande garanzia per tutti gli operatori del mercato: economica da una parte, di approvvigionamento energetico dall’altra. La liberalizzazione ha cambiato questo scenario.
Oggi, infatti, i Paesi sono liberi di rifornirsi dove meglio credono, e questo ha portato alla prevalenza dei cosiddetti ‘contratti spot’: si acquista l’energia solo per quello che serve in quello specifico momento, non più a lungo termine. Dal punto di vista del produttore, però, ci sono meno garanzie, soprattutto se pensiamo che i costi per la realizzazione degli impianti di fornitura di gas, oltre a quelli per la ricerca e le perforazioni di un giacimento, sono estremamente ingenti, nell’ordine dei miliardi di euro. Chi fornisce l’energia, dunque, è incentivato a rivolgersi ai Paesi che offrono di più”.
Come sta avvenendo in Asia in questo momento?
“Qui si arriva a un’altra delle cause che hanno prodotto questa situazione. La rapida ripartenza, a livello globale, dopo lo stop imposto dalla pandemia, ha fatto sì che in tutto il mondo si sia registrato un improvviso aumento della domanda di energia che, per la legge del mercato, ha portato a un aumento dei prezzi delle materie prime (nel caso di cui parliamo, il gas). Nello specifico, un’impennata della domanda è arrivata dall’Asia, soprattutto da Paesi come la Cina, l’India e il Giappone, che ha spinto Paesi come la Russia, uno dei maggiori fornitori in Europa, a vendere grandi quantità di gas in quelle zone del mondo, preferendole a noi. Ma non è tutto.
Nel Mare del Nord, altra zona dalla quale importiamo energia, si è registrata un’annata poco ventosa, portando a una brusca diminuzione della produzione di energia elettrica da fotovoltaico. Questo ha portato a un ulteriore aumento della domanda di gas, perché la maggior parte dell’energia elettrica fornita in Europa è prodotta a partire dal gas. La domanda di gas in Europa, quindi, aumenta per diversi motivi, e il risultato è sempre lo stesso: aumenta la domanda, cala l’offerta, aumentano i prezzi. E nella filiera, l’aumento dei prezzi della materia prima si riflette, alla fine, sul consumatore finale. Ossia in bolletta”.
Ha citato la Russia, che al momento è al centro di un complesso scenario internazionale, sia dal punto di vista economico sia geopolitico. È questa specifica situazione della Russia l’altra causa dei rincari dell’energia?
“Sì, la situazione russa ha un ruolo importante in tutto questo. La Russia ha degli impianti di stoccaggio in Europa, che servono proprio per la fornitura di gas. Nell’ultimo anno gli impianti russi (di proprietà di Gazprom) non sono stati minimamente riempiti. Nemmeno un metro cubo di gas. E, probabilmente, questo è avvenuto proprio perché la Russia ha preferito vendere il gas in Asia, dove c’era più richiesta. Ma a questa motivazione che possiamo definire economica, se ne aggiunge una di carattere geopolitico, legata alla situazione del nuovo gasdotto chiamato Nord Stream 2”.
Di che si tratta?
“Negli ultimi anni è stato realizzato un gasdotto, chiamato per l’appunto Nord Stream 2, il cui scopo è quello di portare il gas prodotto in Russia direttamente all’interno dell’Europa (in Germania, nello specifico), passando per il Mare del Nord. Si tratta di un’infrastruttura cruciale per la Russia, perché permette di bypassare completamente l’Ucraina, Paese con il quale ci sono state grandi tensioni in passato proprio dal punto di vista del trasporto di gas. Oggi il gasdotto Nord Stream 2 è pronto, ma i tedeschi non hanno ancora dato il via libera al suo utilizzo, adducendo motivazioni di carattere burocratico. Guardando lo scenario nel suo complesso, dunque, si può ipotizzare che il mancato stoccaggio del gas in Europa sia una manovra della Russia finalizzata a fare pressione sui Paesi europei per l’apertura del Nord Stream 2, infrastruttura (frutto di un investimento miliardario) strategica per i motivi che abbiamo detto”.
A tutto questo si aggiunge il recente crescendo di tensione militare tra Russia e NATO, proprio sui confini ucraini.
“Anche questo può essere un motivo che spinge la Russia a fare pressione in Europa utilizzando la carta delle forniture energetiche. Gli Stati Uniti spingono per un ingresso dell’Ucraina nelle fila della NATO, fattore che alla Russia non va affatto bene, perché significherebbe avere gli USA armati sulla porta di casa. Insomma, è evidente come il marcato rincaro dei prezzi dell’energia sia il frutto di una serie di cause dalla natura più diversa, che si sono verificate allo stesso tempo”.
Torniamo in casa nostra e guardiamo al futuro. Siamo nei guai o riusciremo a superare questo inverno? E soprattutto: si può prevedere quando la situazione tornerà alla normalità?
“Per alcuni Paesi, soprattutto Austria, Germania e Regno Unito, la situazione degli approvvigionamenti è preoccupante.
Fortunatamente, per quanto riguarda l’Italia, la situazione è relativamente sotto controllo, nel senso che la quantità di gas che abbiamo in stoccaggio, se questo inverno sarà simile a quello dell’anno scorso, è sufficiente. Con l’arrivo delle stagioni calde che faranno diminuire la domanda di gas (e con l’intervento del Governo, che con l’ultimo decreto Sostegni ha stanziato 5,5 miliardi di euro per mitigare i rincari in bolletta, ndr) si prevede che i prezzi andranno verso la stabilizzazione, ma il timore è che, se la situazione non si sbloccherà, ci ritroveremo davanti ad altri rincari l’inverno prossimo.
E l’impatto rimane notevole: sui cittadini è palese, visti gli aumenti nelle ultime bollette, ma è un impatto profondo anche dal punto di vista delle aziende che forniscono energia. Sono numerosi, infatti, i fornitori italiani che quest’anno, per questa crisi, hanno dovuto cominciare la procedura di fallimento”.